sabato 26 febbraio 2011

Angeli e demoni

di Ron Howard

Angels & Demons, USA 2009, thriller, 138'/146'. Con Tom Hanks, Ewan McGregor, Ayelet Zurer, Pierfrancesco Favino, Stellan Skarsgård, Armin Müller-Stahl, Nikolaj Lie Kaas, Thure Lindhardt, David Pasquesi, Cosimo Fusco, Masasa Moyo, Victor Alfieri, Yan Cui, Shelby Zemanek, Jonas Fisch, Kristof Konrad.

❋❋½

Locandina italiana

Angeli e demoni è, cinematograficamente parlando, un sequel de Il codice da Vinci, anche se il libro di Dan Brown era in realtà cronologicamente precedente. Per fortuna, è anche — contro le aspettative che vogliono un sequel sempre peggiore del primo capitolo — un film ben più godibile e riuscito del precedente. Dopo il fallimento del primo capitolo, decisamente scialbo e noioso, di quella che ormai è più che lecito definire una saga (il terzo episodio Il simbolo perduto, sempre dal romanzo omonimo di Brown, è stato annunciato dalla Columbia entro il 2012), lo sceneggiatore Akiva Goldsman è stato affiancato da David Koepp (Jurassic Park, Carlito’s Way), mentre il cast conserva solo Tom Hanks che torna a interpretare il professor Robert Langdon. Questi viene convocato dal Vaticano per decifrare il significato di un simbolo recapitato insieme a una lettera minatoria che sembra ricondurre alla setta degli Illuminati, un’antica confraternita segreta costituita da scienziati ed artisti e che rappresenta anche la più potente organizzazione sotto copertura della Storia: il suo fine è la distruzione totale della Chiesa Cattolica. Tutto questo avviene in un momento estremamente delicato, quello della sede vacante, durante il quale si svolge il conclave per l'elezione del nuovo papa. Sono stati rapiti ben quattro cardinali, che costituiscono i più probabili aspiranti al seggio pontificio.

mercoledì 23 febbraio 2011

Il codice da Vinci

di Ron Howard

The Da Vinci Code, USA 2006, thriller, 149'/174'. Con Tom Hanks, Audrey Tautou, Ian McKellen, Alfred Molina, Paul Bettany, Jean Reno, Jürgen Prochnow, Jean-Yves Berteloot, Etienne Chicot, Jean-Pierre Marielle, Marie-Françoise Audollent.

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Locandina italiana

Il codice da Vinci è ciò che si dice un film palloso. Fiacco (compresa la colonna sonora di Hans Zimmer), buio — se l’obiettivo era creare un alone di mistero, non è stato raggiunto — e con attori decisamente fuori parte (Tautou), quando non addirittura impegnati in parti ridicole (Bettany) o da telefilm e dintorni (Hanks e Reno). L’anziano curatore del Museo del Louvre di Parigi, Jacques Saunière, viene ritrovato morto nella Grande Galleria del museo, nudo e disposto per terra come l’uomo vitruviano di Leonardo da Vinci, nonché coperto di simboli da lui stesso tracciati con il suo sangue. Inizia così per Robert Langdon, professore di simbologia religiosa presso l’Università di Harvard, un viaggio alla scoperta di un grande mistero dell’umanità: il Santo Graal. Accompagnato da Sophie Neveu, nipote del curatore ucciso, dovrà ripercorrere indizi nascosti nelle più affascinanti opere d’arte spostandosi da Parigi a Londra. La chiave del mistero fu custodita per secoli dal Priorato di Sion e dai cavalieri Templari: si tratta di un segreto che potrebbe compromettere i fondamenti del Cristianesimo, ed in particolare quelli della dottrina professata dalla Chiesa Cattolica.

giovedì 17 febbraio 2011

Il sorpasso

di Dino Risi

Italia 1962, commedia, 108', b/n. Con Vittorio Gassman, Jean-Louis Trintignant, Catherine Spaak, Claudio Gora, Luciana Angiolillo, Linda Sini, Barbara Simon, Lilly Darelli, Mila Stanic, Nando Angelini, Luigi Zerbinati, Franca Polesello, Edda Ferronao, John Francis Lane, Bruna Simionato, Annette Vadim.

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Locandina

Il sorpasso è un incontro tra due mondi e personalità agli antipodi. È il capolavoro di un Dino Risi in stato di grazia, sia contenutistico che formale, grazie anche a collaboratori di prim’ordine (Alfio Contini incornicia il film in un bel bianco e nero). Siamo a Roma durante il Ferragosto, quando la città è quasi completamente deserta. All’inizio del film, vediamo Bruno Cortona, quarantenne vigoroso amante della guida sportiva e delle belle donne, vagare alla ricerca di un pacchetto di sigarette e di un telefono pubblico. Lo accoglie in casa lo studente di legge Roberto Mariani, un ragazzo tranquillo rimasto in città per preparare gli esami. Sulla spinta dell’invadenza ed esuberanza del Cortona, i due intraprendono un viaggio in auto che li porterà verso mete occasionali sempre più distanti. Si è sottolineato più volte come il personaggio interpretato in questo film da un Vittorio Gassman particolarmente istrionico — la parte era stata inizialmente scritta per Alberto Sordi — incarni come pochi altri molti difetti degli italiani, nel periodo del Boom ma non solo: l’euforia artificiale, l’irresponsabilità, la furbizia, la spavalderia che sfocia a tratti nell’arroganza, la pienezza di vita dietro cui si nasconde il vuoto più sconcertante.

giovedì 10 febbraio 2011

INLAND EMPIRE – L’impero della mente

di David Lynch

INLAND EMPIRE, USA / Polonia / Francia 2006, grottesco, 172'. Con Laura Dern, Jeremy Irons, Justin Theroux, Harry Dean Stanton, Julia Ormond, William H. Macy, Jordan Ladd, Stanley Kamel, Mary Steenburgen, Karolina Gruszka, Jan Hencz, Krzysztof Majchrzak, Grace Zabriskie, Ian Abercrombie, Karen Baird, Bellina Logan, Amanda Foreman, Peter J. Lucas, Cameron Daddo, Jerry Stahl.

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Locandina italiana

Con INLAND EMPIRE  — titolo che, secondo il regista, deve essere scritto tutto in maiuscolo e che è il nome di un’area metropolitana a est di Los Angeles — David Lynch conclude un’ideale trilogia iniziata con Strade perdute (1997) e proseguita, dopo la pausa “lineare” di Una storia vera, con Mulholland Drive (2001). Anche se, probabilmente, INLAND EMPIRE è imparentato in realtà molto più da vicino con il primo film del regista, Eraserhead, con il quale ha in comune comunque solo i limiti, ovvero una incomprensibilità che lì era ancora — e qui ritorna purtroppo ad essere — davvero un po’ troppo programmatica (leggasi cerebrale), oltre che estremizzata (leggasi compiaciuta). All’inizio del film vediamo un uomo ed una donna, entrambi col volto censurato, parlare in polacco: la donna appare confusa e spaventata, mentre l’uomo sembra avere il controllo della situazione e sembra sottomettere la donna (che è forse una prostituta). Poi c’è una ragazza seduta su un letto che piange mentre guarda alla televisione una sitcom interpretata da tre conigli antropomorfi (una puntata della serie Rabbits, girata dallo stesso Lynch). Assistiamo quindi all’insolita e minacciosa visita di una vicina a casa di un’attrice di nome Nikki che ancora non sa se avrà la parte in un film. La vicina le annuncia che sicuramente la parte sarà sua e le mostra quello che accadrà il giorno appresso: Nikki vede se stessa festeggiare per l’assegnazione del ruolo che la vedrà recitare affianco ad un famoso attore di nome Devon.

domenica 6 febbraio 2011

Pickpocket

di Robert Bresson

Pickpocket, Francia 1959, drammatico, 75', b/n. Con Martin Lassalle, Marika Green, Pierre Leymarie, Jean Pélégri, Dolly Scal.

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Locandina originale

I film più disperati vengono scambiati spesso per film freddi e senza sentimento. Ad un’analisi superficiale, rischiano infatti di risultare intellettualistici, cerebrali e forse addirittura insinceri. Come se la disperazione emergesse dalla mente e non invece dal profondo del cuore. Come se costituisse una dichiarazione di resa e coincidesse con una non-volontà di cambiamento. In realtà, la disperazione rappresenta quasi sempre una manifestazione, forse la più superficiale ed evidente, di una voglia di vivere che è, contemporaneamente, voglia di non sopravvivere. La disperazione è diretta conseguenza di una non-accettazione della realtà e quindi di una vera e propria ribellione: checché se ne dica, non v’è alcun immobilismo nella disperazione vera. La disperazione nasce da un bisogno di umanità, di sentimento, di amore che — pur nella lancinante sofferenza causata da questo bisogno — è senza dubbio preferibile ad una passiva accettazione della scomparsa degli stessi (ciò che Antonioni chiamava “malattia dei sentimenti” e che emerge in particolar modo dal contrasto del dittico Il grido-L’avventura).

giovedì 3 febbraio 2011

Qualunquemente

di Giulio Manfredonia

Italia 2011, commedia, 96'. Con Antonio Albanese, Sergio Rubini, Lorenza Indovina, Nicola Rignanese, Davide Giordano, Salvatore Cantalupo, Luigi Maria Burruano.

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Locandina

Che dilatato in un film di un’ora e mezza il geniale e purtroppo attualissimo sketch televisivo di Albanese non avrebbe potuto conservare intatta la sua genialità, era evidente fin dapprincipio. Che costruire una storia, per quanto poco elaborata, intorno al personaggio di Cetto La Qualunque avrebbe significato renderlo meno macchiettistico e di conseguenza cancellare gran parte della sua vis comica, anche. Che il successo del film sarebbe dipeso in gran parte dai personaggi secondari, era ancora più chiaro. Ecco, partiamo proprio da qui: la bravissima Lorenza Indovina (Un amore, Almost Blue), quasi irriconoscibile, si regala generosamente, entusiasticamente — e un po’ masochisticamente — in un’interpretazione comica (la moglie di Cetto) per lei insolita e forse proprio per questo sufficientemente divertente. Mentre il personaggio di Sergio Rubini (Gennaro Salerno detto Gerry, ovvero il consulente di immagine di Cetto) è molto più infelice, tanto che considerarlo “comico” è quasi del tutto fuori luogo. Il figlio di Cetto infine, interpretato da Davide Giordano, è a metà strada tra la figlia di Fantozzi e il figlio di uno dei tanti logorroici di verdoniana memoria, e sa un po’ troppo di già visto.