venerdì 23 settembre 2011

Carnage

di Roman Polanski

Carnage, Francia / Germania / Polonia / Spagna 2011, commedia, 79'. Con Jodie Foster, Kate Winslet, Christoph Waltz, John C. Reilly.

❋❋❋½

Locandina italiana

Si può girare, nel 2011, un film ambientato tutto in una stanza, con (letteralmente) quattro attori, senza annoiare? Se ci si chiama Roman Polanski, la risposta è sì. Affascinato fin da sempre dagli ambienti chiusi e claustrofobici — basti pensare a film come Repulsion, Rosemary’s baby e L’inquilino del terzo piano (che molti raccolgono insieme a idealmente costituire una sorta di “trilogia dell’appartamento”), La morte e la fanciulla o anche allo stesso Il coltello nell’acqua, ambientato su una barca — il regista polacco non si è smentito nemmeno nelle vesti di solo attore: non bisogna infatti dimenticare il claustrofobico Una pura formalità di Tornatore, da lui interpretato accanto a Gérard Depardieu. Qui parte dalla pièce teatrale “Il dio del massacro” di Yasmina Reza (da lui sceneggiata insieme all’autrice) per costruire un congegno narrativo che rasenta — almeno nella prima parte — la perfezione. In una lite al parco un ragazzino di undici anni colpisce un coetaneo al volto con un bastone. I genitori, due coppie di Brooklyn, decidono di incontrarsi per discutere del fatto e risolvere la cosa da persone civili. Ma ben presto, gli iniziali convenevoli si trasformano in battibecchi velenosi e il comportamento delle due coppie degenera in situazioni assurde e ridicole. Gli assunti del film sono due, evidenti e nemmeno troppo originali. Primo: qualsiasi essere umano, per quanto civilizzato e confinato nel selciato della moralità e delle regole della comune convivenza, se messo nelle condizioni adeguate dimostrerà tutta la propria animalità. Secondo: la tesi precedente si applica esclusivamente al mondo degli adulti, come sottolineano le simpatiche immagini sui titoli di coda, poiché a loro appartiene tutto il sistema delle convenzioni sociali (che è appreso e non innato). Come accennavamo all’inizio, nella prima parte Carnage è un film praticamente perfetto, che dimostra come si possa fare grande cinema e tenere lo spettatore incollato alla poltrona servendosi “solo” di una buona sceneggiatura e della straordinaria bravura di quattro attori. Come si possa rendere affascinante la scontata banalità di una stanza, anche. Un salotto, anzi, perché Carnage è anche e soprattutto una tragedia (carneficina, recita il titolo) da salotto borghese, con Kate Winslet che vomita nel bel mezzo del salotto (borghese, appunto) in una scena che avrebbe potuto essere di un certo cinema anni Sessanta; e vedendo Carnage, viene in mente Buñuel e il suo L’angelo sterminatore (1962). Un po’ come i personaggi del capolavoro del maestro spagnolo, infatti, anche quelli di Polanski restano a poco a poco confinati nel recinto della loro ipocrisia e delle loro assurde convenzioni sociali, assolutamente incapaci di uscirne se non a costo di una sbornia o di una crisi di nervi. Che però, anziché liberarli almeno momentaneamente dal ruolo che sono costretti a recitare ogni giorno, ne lasciano venire a galla tutta l’ipocrisia ed insoddisfazione: in tal senso, il personaggio meglio delineato psicologicamente è senza ombra di dubbio quello della sempre intensa Jodie Foster, anche se gli spettatori più superficiali le preferiranno inevitabilmente il più divertente — ma rozzamente caratterizzato — Christoph Waltz; mentre la “trasformazione” di John C. Reilly appare forse un po’ troppo netta e repentina, e il personaggio della Winslet (la solita moglie che subisce il marito, e gode inconsciamente nel farlo) non brilla in originalità, se non per una sincerità di fondo che la distingue, almeno parzialmente, dagli altri comprimari (non è un caso che sia proprio lei a vomitare nel “salotto”). A differenza del film di Buñuel, però, in questo caso anche il film stesso si dimostra alla fin fine incapace di uscire dal recinto che si è autocostruito e che esagera a voler protrarre troppo a lungo, quasi come se fosse incapace di trovare una degna conclusione (che infatti non arriva): nella seconda parte del film, il confronto/scontro tra i quattro protagonisti inizia ad apparire così un po’ forzato e tirato per le lunghe, oltre che a rischio di una certa didascalicità nei dialoghi. A Carnage va comunque riconosciuto il coraggio oggi controcorrente della brevità: meno di un’ora e venti minuti in un’era in cui sembra quasi che la qualità sia proporzionale alla durata. E un insieme di collaboratori di prim’ordine, da Dean Tavoularis per le scenografie, all’ottimo Alexandre Desplat per le musiche (di cui il film fa comunque quasi completamente, e felicemente, a meno), alla geniale Milena Canonero che non sbaglia una piega per i costumi, essenziali (in tutti i sensi) in un film simile, al di là del pensiero comune.

Carnage