sabato 23 aprile 2011

Breve incontro

di David Lean

Brief Encounter, Gran Bretagna 1945, mélo, 86', b/n. Con Celia Johnson, Trevor Howard, Stanley Holloway, Joyce Carey, Cyril Raymond, Everley Gregg, Marjorie Mars, Margaret Barton.

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Locandina italiana

In questo raffinatissimo e poi più volte imitato film che impose David Lean all’attenzione internazionale, si vedono spesso dei treni attraversare lo schermo. Treni che arrivano e poi subito ripartono, treni che sfrecciano via veloci nella notte, immersi nel biancore inconsistente del loro stesso vapore e dai cui finestrini fuoriesce una luce irreale, accecante, quasi spettrale. In Breve incontro ci sono due esseri che si incontrano e si amano, niente di più, niente di meno: tanto basta a fare cinema. La casalinga Laura ed il chirurgo Alec si conoscono per caso in una stazione ferroviaria e a poco a poco prendono ad incontrarsi, durante i loro trasferimenti quotidiani, decidendo di frequentarsi nonostante siano entrambi sposati. I loro incontri fugaci, al cinema, in un parco, al ristorante, in casa di un amico, sembrano però preda di un destino beffardo che tiene il loro amore appeso a un filo. Tratto dall’omonima commedia per il teatro di Noël Coward (che aveva collaborato con Lean già per ben tre film), Breve incontro è un film intimista e pudico: come gli amanti di un altro capolavoro del mélo, In the mood for love di Wong Kar-Wai, i due protagonisti non hanno certo bisogno di “consumare” la loro relazione extraconiugale per soffrire e sapere di essersi amati. È un film che parla di sentimenti su ogni piano. Ne parla su quello astratto e mentale dei pensieri interiori, spesso cerebrali ed autolimitanti (i sensi di colpa abbondano), formali e trattenuti. Ne parla addirittura su quello musicale, con il secondo concerto per piano e orchestra di Rachmaninov che il regista introduce in armonia col rumore cadenzato delle ruote del treno, con lo scopo di accrescere l’aspetto dolorosamente romantico della vicenda. E ne parla — soprattutto — sul piano metaforico eppure così concreto delle immagini (meravigliosa la fotografia di Robert Krasker), l’unico vero mezzo espressivo in grado di cogliere il “ritmo dei sentimenti”. Il film assume il punto di vista della protagonista femminile fino a coincidere direttamente con il suo sguardo, che è lo sguardo di una memorabile Celia Johnson, vera acqua della vita del film. Lo fa attraverso il racconto fuori campo di Laura, partendo dalla conclusione con i due amanti che seduti a un tavolino vedono bruciare in diretta, davanti ai loro occhi, i loro ultimi momenti — noi ancora non sappiamo, ma capiremo presto — dall’arrivo di una donna civettuola e chiacchierona; e chiudendo allo stesso modo, con qualche sostanziale e melodrammatico dettaglio in più. La struttura circolare conferisce alla vicenda una sensazione di ineluttabilità, di predestinazione, come se tutto fosse già scritto fin dall’inizio, mentre le differenze di esposizione tra l’inizio e la fine servono a riassumere il divario tra realtà e ricordo, tra il distacco nei confronti di un presente oggettivo e l’intensità di un passato rievocato soggettivamente (la genialità di Lean sta proprio in questo, nel raccontare il presente come se fosse un ricordo e viceversa, giocando intelligentemente con i tempi cinematografici in modo da sottolineare tale divario). L’incontro è quanto di più banale si possa immaginare: Laura è alla stazione, le finisce un pezzetto di carbone nell’occhio, Alec glielo toglie e la conoscenza è fatta. Lui è un medico di un certo fascino, buono e gentile, ma in ogni caso entrambi sono persone normali, come qualsiasi altro membro della middle-class. Così come sono “banali” gli incontri che i due si concedono, ogni giovedì, come fuga dalla monotonia delle rispettive vite coniugali; ed è straziante il finale in cui Laura è costretta a fare “ritorno” dal sogno alla realtà, tra le braccia intenzionalmente confortanti del marito Fred. Lean mette in scena il breve incontro con una regia meticolosa ma invisibile: è la qualità che solo i grandissimi hanno e che ha spinto alcuni nel corso degli anni a scambiare il film per una pellicola strappalacrime e sopravvalutata. In realtà, Breve incontro non solo è un film di un romanticismo generoso che i nostri tempi complicati probabilmente non si meritano: è un capolavoro che possiede — nella sua calcolata complessità — l’inconfondibile e miracolosa semplicità dei classici.

Breve incontro