di Nanni Moretti
Italia 1984, drammatico, 96'. Con Nanni Moretti, Laura Morante, Roberto Vezzosi, Remo Remotti, Claudio Bigagli, Enrica Maria Modugno, Vincenzo Salemme, Margherita Sestito, Dario Cantarelli, Virginie Alexandre, Matteo Fago, Giovanni Buttafava, Luigi Moretti, Giorgio Viterbo, Mario Monaci Toschi, Mauro Fabretti, Nicola Di Pinto, Gianfelice Imparato.
Bianca è la professoressa di francese interpretata da Laura Morante — alla sua seconda collaborazione col regista dopo Sogni d’oro — nel quarto film di Nanni Moretti. Quel nome femminile, che richiama alla mente un’immagine di candore e purezza assoluti, non è certo casuale. Il protagonista del film è Michele Apicella, alter ego del regista, qui professore di matematica che si stabilisce nella sua nuova casa romana facendo la conoscenza dei suoi vicini: una giovane coppia che è alle prese con i problemi di tutti i giorni e un anziano signore amante delle donne e della bella vita. Michele vive da solo ed è pieno di fobie: igienista all’eccesso, perfezionista, osservatore quasi ossessivo della realtà e della gente che gli sta intorno, scrutatore della vita altrui che giudica persino dalle scarpe. Nelle ore libere Michele si dedica alla sua più grande passione, l’osservazione dei comportamenti dei propri amici, specialmente delle coppie: una sorta di ossessiva indagine di cui riporta i risultati su schede conservate in un archivio. Michele controlla la vita degli altri così come controlla il mondo intero, nel tentativo di riportarlo a quello che ritiene essere l’ordine corretto. Finché non incontra appunto Bianca... Moretti tratteggia il ritratto di un moralista esasperato, che se dall’esterno giudica le vite degli altri, in particolar modo le loro relazioni sentimentali, è poi completamente incapace di rapportarsi con loro («Gli amici non possono comportarsi così. Perché io mica divento amico del primo che incontro. Io decido di voler bene, scelgo; e quando scelgo, è per sempre.») e di amare («La felicità è una cosa seria, no? Ecco allora se c’è, dev’essere assoluta!»). Vivere significa mettersi in gioco in prima persona, provare, assaggiare, commettere errori, ed è proprio questo che il moralista Moretti non vuole fare («Le cose mica bisogna provarle per sapere se vanno bene oppure no. Lo si può prevedere. Così poi… non si fanno errori»). Bianca, che fonde intelligentemente ma in modo forse un po’ irrisolto la commedia con il dramma psicologico ed il sentimentale e addirittura con un giallo dai tratti hitchcockiani — è probabilmente la parte più incompiuta — è tutto qui. C’è la descrizione del surreale ambiente scolastico dell’istituto “Marilyn Monroe”, dove la foto del Presidente della Repubblica è sostituita con quella di Dino Zoff ed i professori tengono lezioni su Gino Paoli ed hanno anche uno psicologo a disposizione (è il padre di Moretti, Luigi). Ci sono le consuete battute da antologia di Moretti, in grado di riassumere tutto il senso del film senza che risulti così facile accorgersene: «Cioè lei praticamente non ha mai assaggiato la Sachertorte?! Va be’, continuiamo così, facciamoci del male». Ci sono parentesi surreali, con Moretti che di notte mangia il pane con la cioccolata per stemperare la depressione servendosi da un gigantesco barattolo di Nutella. Il moralismo del personaggio Apicella nei confronti degli altri personaggi del film viene stemperato dal giudizio (negativo) del regista Moretti nei propri stessi confronti: è sempre dietro i più grandi narcisisti che si nascondono i più grandi, e lucidi, auto-critici. Era così per Fellini, che era sincero anche quando diceva le bugie, ed è così anche per Moretti che con Bianca firma, in un certo qual senso, il suo 8½. Come Guido Anselmi, anche Michele Apicella incontra una ragazza che lo potrebbe far rinascere e ridargli vita, e come lui la rifiuta: «Io non sono abituato alla felicità», dice. Ma se volete sapere quale sia il vero perché del suo rifiuto, chiedetelo alla Ragazza della Fonte: ve lo ripeterà tre volte.