mercoledì 30 marzo 2011

DellaMorte DellAmore

di Michele Soavi

Italia / Francia 1994, horror, 106'. Con Rupert Everett, François Hadij-Lazaro, Anna Falchi, Mickey Knox, Fabiana Formica, Clive Riche, Katja Anton, Barbara Cupisti, Anton Alexander, Pietro Genuardi, Patrizia Punzo, Stefano Masciarelli, Vito Passeri, Alessandro Zamattio.

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Locandina

In DellaMorte DellAmore ci sono sequenze bellissime: Everett e la Falchi che fanno sesso spinto sulla tomba del marito di lei proprio mentre quest’ultimo ritorna in vita; il secondo, visionario “ritorno” della Falchi; il finale aperto e spiazzante all’uscita del tunnel. Ci sono ambientazioni macabre quanto basta, attori scelti ed utilizzati con intelligenza, a partire da Rupert Everett che è perfettamente in parte. Ci sono i fondamentali apporti di collaboratori di prim’ordine, tra i quali spiccano senz’altro Antonello Geleng per le fantasiose scenografie e Sergio Stivaletti per gli effetti speciali. Francesco Dellamorte è il guardiano del cimitero di Buffalora, dove vive quasi del tutto isolato dal mondo e dalla vita sociale insieme al suo aiutante Gnaghi, che è incapace di parlare ed ha il quoziente intellettivo di un bambino. L’abitudinaria vita di Francesco viene movimentata da due eventi: una strana epidemia per cui, entro sette giorni dal decesso, gran parte dei morti sepolti nel camposanto si risvegliano come zombie (che lui definisce “ritornanti”), e l’incontro con una bellissima vedova. Tratto dal romanzo omonimo di Tiziano Sclavi, il film cerca di incrociare horror e sense of humour, sesso e riflessioni metafisiche, proprio come nel fumetto Dylan Dog che la presenza di Rupert Everett — al cui aspetto lo stesso Sclavi si era ispirato per il suo personaggio più famoso — tende a ricordare. A volte ci riesce, più spesso scivola in situazioni più o meno (in)volontariamente ridicole o in passaggi che tendono ad appesantire e confondere a dismisura una trama che gira troppo su se stessa senza riuscire a trovare, proprio come il protagonista del film, una meta finale. L’idea di partenza, quella di un uomo che vive a stretto contatto con la morte, tra morti viventi e “vivi morenti”, avrebbe potuto essere sviluppata meglio e servire da vero spunto di partenza per un discorso sulla vita e sulla morte,  sull’amore e il classico rapporto tra eros e thanatos. Purtroppo, però, DellaMorte DellAmore ed i suoi personaggi hanno invece lo spessore di un fumetto, con tutto il senso negativo del termine, quando non addirittura di un film televisivo. Il che è in triste contraddizione con le citazioni “alte” (le teste che si baciano avvolte da un drappo come Gli amanti di Magritte, L’isola dei morti di Böcklin, addirittura la boccia con la neve di Quarto potere) con le quali Soavi tenta, invano, di conferire una consistenza “artistica” alla sua pellicola. Nella seconda parte, poi, il film perde anche quel poco di ritmo ed inventiva che contraddistingueva la prima, fino a ridursi quasi completamente ad una noiosa sequela di ammazzamenti infilati l’uno di seguito all’altro. Peccato.

DellaMorte DellAmore