martedì 22 marzo 2011

Sorelle Mai

di Marco Bellocchio

Italia 2010, drammatico, 105'. Con Pier Giorgio Bellocchio, Elena Bellocchio, Donatella Finocchiaro, Maria Luisa Bellocchio, Letizia Bellocchio, Gianni Schicchi, Alba Rohrwacher, Silvia Ferretti, Valentina Bardi, Anna Bianchi.

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Locandina

Marco Bellocchio torna a parlare per l’ennesima volta di famiglia, questa volta in prima persona, come già aveva fatto nell’autobiografico Vacanze in val Trebbia (1980). Le sorelle Mai del titolo (il regista ha sempre avuto un debole per i cognomi strambi) sono le vere sorelle di Bellocchio, Maria Luisa e Letizia. Il film si divide in sei episodi girati a Bobbio tra il 1999 ed il 2008 nell’ambito delle lezioni del laboratorio “Fare Cinema”, che il regista stesso tiene ogni estate nella sua città natale. Si racconta qui di Elena e della sua crescita dai 5 ai 13 anni, di sua madre Sara e di suo zio Giorgio, mescolando finzione e realtà. (Pier) Giorgio ed Elena sono infatti i figli che Bellocchio ha avuto dalle relazioni con l’attrice Gisella Burinato e con la montatrice Francesca Calvelli. Sara è interpretata invece da Donatella Finocchiaro, già con Bellocchio per Il regista di matrimoni ed unica attrice professionista non “di famiglia” insieme alla sempre bravissima Alba Rohrwacher, che pur apparendo brevemente si distingue comunque all’interno del cast in quello che è sicuramente l’episodio più riuscito e divertente. La grande casa che fa da set al film è la stessa de I pugni in tasca, ovvero la vera casa di famiglia del regista. Ed inquadrature del film d’esordio di Bellocchio appaiono a fare da trait d’union tra passato e presente, tra la rabbia degli anni della contestazione sessantottina e la riconciliazione dell’oggi: «Il mio sguardo è molto diverso rispetto a quello di molti anni fa. Il mio atteggiamento ora è più sereno, più conciliante. Non sento più il bisogno di lottare contro la famiglia, che non erano le mie zie né i miei genitori, ma la famiglia in generale, la famiglia in quanto istituzione, gabbia, prigione, limitazione della libertà dell’individuo» (Marco Bellocchio). La docu-fiction Sorelle Mai è da considerarsi, all’interno della filmografia del regista, un divertissement, un progetto a budget zero nato quasi per caso. Meno preoccupato di mettere in scena le proprie ossessioni e tematiche (tra l’altro, perfettamente condensate e ribadite nel precedente Vincere), Bellocchio si lascia andare infatti qui ad una libera rievocazione dei luoghi e delle persone della sua famiglia, forse un po’ ripetitiva e frammentaria, sicuramente limitata a livello formale dal budget irrisorio, ma altrettanto sicuramente necessaria per sancire ancora una volta una sacrosanta verità: Bellocchio la famiglia non l’ha mai “odiata”, ne ha indagato le disfunzioni ed i limiti con lucidità rabbiosa e mai con una cieca volontà di distruzione. Qualcuno ha parlato, a proposito di Sorelle Mai, di un Bellocchio coi pugni in tasca che impara a divertirsi: niente di più sbagliato. Basta andare a rivedersi le opere immediatamente precedenti per capire come, dal 1964 ad oggi, le sue idee non siano sostanzialmente cambiate. Certo, un Bellocchio senza rabbia è comunque un po’ come un Fellini senza fantasia, ma è pur vero che non si può essere sempre arrabbiati nella vita.

Sorelle Mai