martedì 21 dicembre 2010

Stanno tutti bene

di Kirk Jones

Everybody's Fine , USA / Italia 2009, drammatico, 99'. Con Robert De Niro, Kate Beckinsale, Drew Barrymore, Sam Rockwell, Katherine Moennig, Melissa Leo, James Frain, Brendan Sexton III, Seamus Davey-Fitzpatrick, Lily Mo Sheen.

❋½

Locandina italiana

Quasi sicuramente, l’originale omonimo del 1990 di Giuseppe Tornatore è il film peggiore in assoluto del regista siciliano (la gara potrebbe essere al limite con Malèna). Per questo motivo, l’annuncio che Kirk Jones ne avrebbe girato un remake lasciò un po’ tutti di stucco. In effetti, non si capisce molto il senso di una simile operazione, che trasforma quello che era un (disastrosamente malriuscito) film d’autore con vane ambizioni sociologiche in una specie di commedia incrociata con un film strappalacrime. Si vocifera che gli americani volessero girare in realtà un remake di Nuovo cinema Paradiso, ma che il progetto non sia mai andato in porto per l’impossibilità di ambientare la scena dei baci tagliati negli Stati Uniti, dove non esistono le sale parrocchiali. Di conseguenza, ecco invece il remake di Stanno tutti bene, che poteva essere se non altro un’occasione per rifare un po’ meglio un film che una buona idea di partenza ce l’aveva. Se qualcosa da salvare nel pessimo film di Peppuccio Tornatore c’era, infatti, era proprio l’amarezza di fondo della storia di un vedovo che partiva dalla Sicilia per andare a trovare i suoi figli sparsi per la penisola e li scopriva molto meno felici e realizzati di quanto gli avessero raccontato da lontano: fino ad arrivare, nel finale, a mentire a se stesso anche sulla tomba della moglie pur di non ingoiare la triste verità. La colonna sonora di Morricone, non memorabile ma almeno orecchiabile, era l’unica altra cosa potabile di un film pesantemente mieloso e poeticistico (cosceneggiatura di Tonino Guerra). Kirk Jones sposta ovviamente l’azione negli Stati Uniti ed elimina anche quel poco che di positivo c’era: l’amaro finale di Tornatore è sostituito con un imbarazzante lieto fine natalizio da spot (ma per favore!) e la musica di Morricone con una colonna sonora scialba ed anonima firmata dall’eppur bravo Dario Marianelli, premio Oscar per Espiazione (2007). Mentre quasi tutto il peggio dell’originale è stato conservato perfettamente intatto: il genitore che vede i figli sempre bambini, che è un tentativo goffo e maldestro — tipicamente tornatoriano — di fare poesia che risulta però solo tristemente stucchevole; la lentezza del ritmo ad alto rischio soporifero; il vano tentativo di affrontare temi non da poco come ad esempio la solitudine della vecchiaia e l’egoismo e l’arroganza dei giovani. Per finire, al posto di Mastroianni c’è De Niro, il che probabilmente consacrerà il ruolo come esclusivamente riservato ai grandi attori ormai sul viale del tramonto: ne tenga conto chi deciderà di girare la terza versione, di cui già sentiamo forte la mancanza. Stanno tutti bene non convince, né di certo commuove: la sua è una mediocrità anonima che non lascia davvero nulla una volta usciti dalla sala, nemmeno lo sconforto come poteva essere nel caso del film di Tornatore.

Stanno tutti bene