giovedì 30 dicembre 2010

Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni

di Woody Allen

You Will Meet a Tall Dark Stranger, USA / Spagna 2010, commedia, 98'. Con Naomi Watts, Gemma Jones, Anthony Hopkins, Josh Brolin, Antonio Banderas, Freida Pinto, Anna Friel, Lucy Punch, Pauline Collins, Ewen Bremner, Eleanor Gecks, Christian McKay, Neil Jackson.

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Locandina originale

Woody Allen non sforna un capolavoro da tempo. Forse sarà diventato un po’ ripetitivo, ma i suoi film raramente ci lasciano con la sensazione che non sia valsa la pena di vederli. Accontentiamoci (per modo di dire). Uno dei suoi punti di forza incontestabili resta la direzione degli attori (qualche anno fa riuscì a far recitare persino Colin Farrell!): in questo caso, un cast che sulla carta avrebbe potuto apparire male assortito si rivela invece estremamente azzeccato e affiatato, con una menzione speciale per la bravissima Gemma Jones, mentre il personaggio più divertente ma anche più scontato è quello di Anthony Hopkins. Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni è un titolo molto beneaugurante nella traduzione italiana, mentre l’originale You Will Meet a Tall Dark Stranger lo è molto meno. Lo straniero alto e vestito di nero che — chi prima, chi poi — tutti incontreremo è, ovviamente, la Morte, nella raffigurazione bergmaniana de Il settimo sigillo, da sempre presente nel cinema del regista. Alfie è un uomo ormai anziano che lascia la moglie Helena per un’avvenente squillo di nome Charmaine che è interessata solo al suo portafogli e non certo alle sue prestazioni dopate da pillole di Viagra.

lunedì 27 dicembre 2010

Le notti bianche

di Luchino Visconti

Italia 1957, mélo, 107', b/n. Con Maria Schell, Marcello Mastroianni, Jean Marais, Clara Calamai, Marcella Rovena, Maria Zanolli, Elena Fancera, Lanfranco Ceccarelli, Angelo Galassi, Renato Terra, Corrado Pani, Dick Sanders.

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Locandina

Subito dopo Senso, Luchino Visconti usa il romanzo breve di Dostoevskij per prendere ancora di più le distanze da quel neorealismo a cui lui stesso aveva dato origine: il primo film chiaramente ascrivibile al genere viene infatti quasi unanimemente considerato Ossessione, anche se Michelangelo Antonioni l’aveva di fatto anticipato di poco con Gente del Po, il suo primo cortometraggio. Visconti stesso ebbe modo di parlare di “neoromanticismo” in occasione de Le notti bianche, proprio mentre — quello stesso anno — la critica francese parlava di “neorealismo interiore” a proposito de Il grido di Antonioni: il cinema italiano stava passando gradualmente da una prospettiva che, nell’immediato dopoguerra, per ovvie e molto urgenti esigenze, non poteva che essere collettiva e “sociale”,  a un più individuale intimismo (anche se a dire il vero, Il grido è in realtà, curiosamente, l’unico film di Antonioni in cui l’aspetto sociale, pur rimanendo come al solito sullo sfondo della vicenda, ha una certa importanza). Le notti bianche non è certo un capolavoro al livello de Il grido, ma resta un film bellissimo, molto complesso e purtroppo anche molto sottovalutato, nonostante all’epoca si fosse aggiudicato il Leone d’Argento al festival del cinema di Venezia: vanta le intense interpretazioni dei due protagonisti Maria Schell e Marcello Mastroianni (il cui genio d’attore era davvero quello di essere un “uomo normale”, come tanti); la breve ma incisiva apparizione di una Clara Calamai tetra e minacciosa, che non si dimentica; un meraviglioso bianco e nero, nitido e contrastato, di Giuseppe Rotunno; un non memorabile ma funzionalissimo commento musicale di Nino Rota.

martedì 21 dicembre 2010

Stanno tutti bene

di Kirk Jones

Everybody's Fine , USA / Italia 2009, drammatico, 99'. Con Robert De Niro, Kate Beckinsale, Drew Barrymore, Sam Rockwell, Katherine Moennig, Melissa Leo, James Frain, Brendan Sexton III, Seamus Davey-Fitzpatrick, Lily Mo Sheen.

❋½

Locandina italiana

Quasi sicuramente, l’originale omonimo del 1990 di Giuseppe Tornatore è il film peggiore in assoluto del regista siciliano (la gara potrebbe essere al limite con Malèna). Per questo motivo, l’annuncio che Kirk Jones ne avrebbe girato un remake lasciò un po’ tutti di stucco. In effetti, non si capisce molto il senso di una simile operazione, che trasforma quello che era un (disastrosamente malriuscito) film d’autore con vane ambizioni sociologiche in una specie di commedia incrociata con un film strappalacrime. Si vocifera che gli americani volessero girare in realtà un remake di Nuovo cinema Paradiso, ma che il progetto non sia mai andato in porto per l’impossibilità di ambientare la scena dei baci tagliati negli Stati Uniti, dove non esistono le sale parrocchiali. Di conseguenza, ecco invece il remake di Stanno tutti bene, che poteva essere se non altro un’occasione per rifare un po’ meglio un film che una buona idea di partenza ce l’aveva. Se qualcosa da salvare nel pessimo film di Peppuccio Tornatore c’era, infatti, era proprio l’amarezza di fondo della storia di un vedovo che partiva dalla Sicilia per andare a trovare i suoi figli sparsi per la penisola e li scopriva molto meno felici e realizzati di quanto gli avessero raccontato da lontano: fino ad arrivare, nel finale, a mentire a se stesso anche sulla tomba della moglie pur di non ingoiare la triste verità.

lunedì 20 dicembre 2010

Strade perdute

di David Lynch

Lost Highway, USA / Francia 1997, noir, 134'. Con Bill Pullman, Patricia Arquette, Balthazar Getty, Robert Blake, Robert Loggia, Natasha Gregson Wagner, Richard Pryor, Lucy Butler, Michael Massee, Jack Nance, Jack Kehler, Henry Rollins, Giovanni Ribisi, Scott Coffey, Gary Busey.

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Locandina originale

Ci sono almeno due modi di approcciarsi al cinema di David Lynch. Il primo è cercare di ricostruire le sue storie frantumate in mille pezzi, mettendo assieme i tasselli di puzzle affascinanti: la struttura narrativa di film come Strade perdute e Mulholland Drive è stata spesso associata al nastro di Möbius, nel quale esiste un solo lato e un solo bordo, in modo tale che dopo aver percorso un giro sulla sua superficie ci si ritrova dalla parte opposta. Il secondo è quello di rinunciare, almeno durante la visione, a uno sforzo così cerebrale per farsi guidare ciecamente dal regista all’interno dei suoi mondi. Nonostante le numerose interpretazioni reperibili su Internet e la ricca bibliografia dedicata alle sue opere, personalmente preferiamo decisamente la seconda modalità per almeno due motivi. Innanzitutto, riteniamo che Lynch sia uno dei più grandi registi di tutta la storia del cinema. Ciò significa in particolare che la nostra fiducia nei suoi confronti è totale e che le accuse che gli vengono rivolte spesso da alcuni, di divertirsi cinicamente a “prendere in giro” lo spettatore, ci lasciano totalmente indifferenti.

domenica 19 dicembre 2010

Tenebre

di Dario Argento

Italia 1982, thriller, 99'. Con Anthony Franciosa, Daria Nicolodi, Giuliano Gemma, John Saxon, Lara Wendel, John Steiner, Veronica Lario, Ania Pieroni, Mirella D’Angelo, Eva Robins, Carola Stagnaro, Christian Borromeo, Enio Girolami, Marino Masé, Michele Soavi.

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Locandina

Dopo due horror soprannaturali quasi completamente calati nell’oscurità come Suspiria e Inferno, Dario Argento torna al thriller e alla luce del sole con un film intitolato, molto provocatoriamente, Tenebre. Mai come in questo caso, infatti, tutto — efferati delitti e traumi non rimossi del passato — avviene in pieno giorno: sintomatica, in tal senso, la scena dell’omicidio di John Saxon in una piazza assolata e affollata di passanti, probabilmente il culmine di un film con il quale Argento ritorna non solo, come detto, al thriller e alla luce del giorno ma, non secondariamente, alla modernità. Tenebre è infatti ambientato in uno dei quartieri più futuristici di Roma, quell’EUR che già Michelangelo Antonioni aveva scelto vent’anni prima per ambientarvi L’eclisse, storia di un mondo freddo e disumanizzante in cui i sentimenti si sfaldano come neve al sole e l’uomo viene ridotto a niente più di un mero oggetto. Argento ovviamente è — almeno apparentemente — lontano anni luce da Antonioni, a partire dal suo rapporto con il giallo, che il regista ferrarese utilizza, al contrario di lui, come puro pretesto ribaltandone gli stereotipi (il famoso “giallo alla rovescia”).

domenica 12 dicembre 2010

The Social Network

di David Fincher

The Social Network , USA 2010, drammatico, 120'. Con Jesse Eisenberg, Andrew Garfield, Justin Timberlake, Armie Hammer, Max Minghella, Rashida Jones, Joseph Mazzello, Brenda Song, Rooney Mara, Adina Porter, Malese Jow.

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Locandina italiana

David Fincher racconta la nascita del social network Facebook. “Non arrivi a 500 milioni di amici senza farti qualche nemico”, è la frase di lancio del film. E in effetti, come recita il sottotitolo del libro Miliardari per caso di Ben Mezrich — che Aaron Sorkin ha adattato per il grande schermo — la storia di Facebook è “una storia di soldi, sesso, genio e tradimento”. È, anche, una storia completamente maschile, dove le donne fungono al più da motore di avvio della vicenda (davvero memorabile la sequenza di apertura), ma non diventano mai parte attiva all’interno di essa. Nelle primissime scene subito dopo i titoli di testa, Fincher sembra quasi intenzionato a riproporre la (debole) struttura narrativa di un film pesantemente cronachistico come Zodiac (2007), ed un paio di didascalie con ora e luogo dell’accaduto fanno temere il peggio. Che per fortuna non si verifica: The Social Network è un film teso e riuscito, ben diretto e molto ben interpretato, che si affida ad una struttura narrativa navigata — le varie tappe nella nascita di Facebook avanzano infatti sullo schermo parallelamente alla causa legale da 600 milioni di dollari indetta contro il suo creatore Mark Zuckerberg — che non brilla di certo per originalità, ma che senz’altro funziona: dalla creazione in una notte, subito dopo essere stato lasciato dalla sua ragazza Erica Albright, del sito “FaceMash” che permette di votare chi è più attraente tra due ragazze dell’università di Harvard scelte a caso di volta in volta, fino all’incontro con i gemelli Winklevoss ed il loro socio Narendra e al coinvolgimento finanziario dell’amico Eduardo Saverin che porterà poi alla nascita di “Thefacebook” (scoprite da soli chi sarà a consigliare di togliere il “The”), il film procede spedito di entusiasmo in entusiasmo, di tradimento in tradimento, di successo in successo.

domenica 5 dicembre 2010

Gruppo di famiglia in un interno

di Luchino Visconti

Italia / Francia 1974, drammatico, 121'. Con Burt Lancaster, Silvana Mangano, Helmut Berger, Claudia Marsani, Stefano Patrizi, Elvira Cortese, Philippe Hersent, Guy Tréjan, Jean-Pierre Zola, Umberto Raho, Enzo Fiermonte, Romolo Valli.

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Locandina

Gruppo di famiglia in un interno (titolo bellissimo) è il penultimo film di Luchino Visconti e viene in genere considerato il suo testamento spirituale. Un professore americano ormai anziano (alter ego del regista ben impersonato da Burt Lancaster) ha deciso di ritirarsi tra libri e quadri nella sua casa in un antico palazzo di Roma. La sua quiete viene turbata improvvisamente dall’irruzione di un’affittuaria facoltosa e volgare, la marchesa Bianca Brumonti, che si stabilisce al piano superiore insieme all’amante Konrad, alla figlia Lietta e al di lei fidanzato Stefano. Il professore è inizialmente disgustato dai rappresentanti di una borghesia nuova, tanto arrogante quanto “scandalosa” (Lietta organizza degli incontri a tre nel suo appartamento con Konrad e Stefano), ma poi, comprendendo che i suoi libri ed i suoi quadri non gli bastano più e mitizzando la vitalità della gioventù, finisce quasi per cercare la loro amicizia, fino a quando un nuovo “inquilino” non arriverà al piano superiore nel finale. Visconti affronta i temi della solitudine della vecchiaia e della decadenza del presente rispetto a un passato che non c’è più: la sua è una nostalgia che se da un lato trova espressione nella contrapposizione, visivamente pregnante e profondamente affascinante, tra l’appartamento del professore e quello soprastante che la famiglia rimoderna completamente, dall’altro viene sottolineata inutilmente ed eccessivamente attraverso dialoghi e situazioni spesso troppo espliciti e didascalici, cui gli ottimi attori riescono a sopperire solo parzialmente con il buon mestiere.

giovedì 2 dicembre 2010

L’estate di Kikujiro

di Takeshi Kitano

Kikujiro no natsu, Giappone 1999, commedia, 121'. Con Takeshi Kitano, Yusuke Sekiguchi, Kayoko Kishimoto, Kazuko Yoshiyuki, Yûko Daike, Beat Kiyoshi, Gurêto Gidayû, Rakkyo Ide.

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Locandina italiana

Takeshi Kitano firma qui un film che possiede la fresca semplicità di un sentiero di campagna. Masao è un bambino che abita a Tokyo con la nonna che lavora tutto il giorno. Con l’arrivo dell’estate, Masao inizia a sentirsi solo: i suoi amici sono partiti per le vacanze e il campo di pallone dove gioca è ormai deserto. Decide quindi di andare alla ricerca di sua madre, che non conosce e che vive vicino al mare. Un’amica di sua nonna gli affianca Kikujiro, un cinquantenne dai modi sgarbati che lo accompagnerà nel suo viaggio. Takeshi Kitano dirige un film che è contemporaneamente un road-movie ed un elogio dell’infanzia — di “spirito” piuttosto che anagrafica — accostando due personaggi che sarebbe davvero difficile immaginare più diversi: tanto Kikujiro è scorbutico e prepotente con tutti quelli che incontra, quanto Masao è ingenuo e gentile. Anche se in realtà Kikujiro è un personaggio molto più sfaccettato di quanto potrebbe sembrare inizialmente: ha acquisito molti lati negativi dell’essere adulti, ma ha anche saputo conservare intatta quell’ingenuità infantile che gli permette di guardare alla vita senza pesantezza e con grande ottimismo, lasciandosi alle spalle ogni negatività. In fondo, la favola de L’estate di Kikujiro sarebbe anche molto amara, con Masao che è stato abbandonato da una madre che si è rifatta una vita risposandosi e lo stesso Kikujiro che ad un certo punto ritrova la propria madre ormai anziana in un ospizio: entrambi i personaggi condividono un’orfanezza che se per Masao è letterale, per Kikujiro assume i tratti di una sostanziale solitudine che non è di certo meno dolorosa.

martedì 23 novembre 2010

La legge del desiderio

di Pedro Almodóvar

La ley del deseo, Spagna 1987, mélo, 102'. Con Eusebio Poncela, Carmen Maura, Antonio Banderas, Miguel Molina, Fernando Guillén, Manuela Velasco, Nacho Martínez, Bibí Andersen, Helga Liné.

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Locandina originale

Tra tutti i film di Almodóvar, La legge del desiderio è senza dubbio uno dei più audaci: si apre con una scena di masturbazione maschile, ma ancor più celebre è la scena che mostra un giovanissimo Antonio Banderas in veste di passionale compagno di letto di Eusebio Poncela. Al di là degli eccessi — sessuali e non — che sono caratteristici del regista spagnolo, non si tratta sicuramente di un film scandaloso ma, come sempre in Almodóvar, sentimentale (non sentimentalistico) e a tratti addirittura delicato e romantico. Pablo è un famoso regista gay fortemente legato alla sorella (che in realtà era un fratello prima di cambiare sesso in Marocco) e innamorato di Juan, il quale però lascia Madrid e si trasferisce in Andalusia in un piccolo paese sul mare. Pablo conosce quindi Antonio, che con lui ha il suo primo rapporto omosessuale e che non tarda a diventare troppo possessivo e geloso. Quando Antonio scopre le lettere che Pablo invia a Juan, ha una reazione spropositata.

lunedì 22 novembre 2010

Essi vivono

di John Carpenter

They Live, USA, 1988, fantascienza, 93'. Con Roddy Piper, Keith David, Meg Foster, George 'Buck' Flower, Peter Jason, Raymond St. Jacques, Jason Robards III.

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Locandina italiana

Obbedire; consumare; conformarsi; comprare; restare addormentati; guardare la TV; sottomettersi; no al pensiero indipendente. John Carpenter è un regista geniale e l’idea di partenza di Essi vivono (ispirato al racconto Eight O'Clock in the Morning di Ray Nelson) è a dir poco geniale. John Nada, arrivato a Los Angeles in cerca di lavoro, rinviene in una cappella una scatola piena di strani occhiali da sole. Provandoli, scopre una realtà diversa in bianco e nero: i cartelloni pubblicitari per le strade contengono dei messaggi subliminali e in giro ci sono moltissime persone dall’aspetto simile a quello di zombi. Nada capisce che si tratta di alieni che stanno schiavizzando gli esseri umani senza che questi se ne rendano nemmeno conto, e cerca pertanto un modo per rivelare al mondo la loro presenza. Essi vivono fatica a partire — tutta la parte iniziale del film è superflua — ma quando arriva al dunque colpisce nel segno di un cinema di genere impegnato politicamente (a sinistra ovviamente), come si faceva una volta. L’idea di una classe politica “aliena” che ha conquistato i posti di potere e tiene gli umani sotto controllo tramite i media per raggiungere i propri fini nasceva nel 1988 a Carpenter dall’amministrazione Reagan, ma è inutile dire che purtroppo continua ad essere attualissima ancora oggi (avete capito, no?).

venerdì 19 novembre 2010

Potiche – La bella statuina

di François Ozon

Potiche , Francia 2010, commedia, 103'. Con Catherine Deneuve, Gérard Depardieu, Fabrice Luchini, Karin Viard, Judith Godrèche, Jérémie Rénier, Evelyne Dandry, Bruno Lochet, Sergi López.

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Locandina originale

Il termine potiche in francese designa un piccolo vaso di porcellana, privo di valore siccome il suo unico scopo è quello di fungere da oggetto di arredamento. François Ozon si basa su una pièce del 1980 di Barillet e Grédy per prendersi una pausa da altre opere più impegnative e severe (come il precedente Il rifugio) con una commedia che — per l’impostazione teatrale e la cura del décor — si inserisce nel solco di 8 donne e un mistero. Siamo in Francia, verso la fine degli anni Settanta. Suzanne è sposata con un uomo dispotico ed altamente maschilista, l’industriale Robert Pujol, che la considera niente più di una “bella statuina”, mero oggetto da tenere in casa al pari di qualsiasi altro soprammobile. L’occasione per rivendicare il proprio orgoglio femminile e il proprio ruolo le arriva quando il marito, a causa di uno sciopero, di un sequestro e di un infarto, è impossibilitato a gestire la propria fabbrica di ombrelli. Una deliziosa Catherine Deneuve apre il film mentre fa jogging in tuta rossa nei boschi e mentre — come nemmeno in un film Disney — si ferma incantata ad osservare gli abitanti della natura. È lei la protagonista indiscussa di Potiche: Ozon abbandona qui la parziale misoginia di 8 donne e un mistero per intessere invece, tramite la rivolta di Suzanne, un elogio femminile (femminista) a 360 gradi.

domenica 7 novembre 2010

Giallo

di Dario Argento

Giallo, USA / Italia 2009, thriller, 92’. Con Adrien Brody, Emmanuelle Seigner, Elsa Pataky, Robert Miano, Silvia Spross, Daniela Fazzolari, Byron Deidra, Lorenzo Pedrotti, Taiyo Yamanouchi, Luis Molteni.

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Locandina originale

I film di Dario Argento ormai non deludono nemmeno più. Dopo tutte le oscenità degli ultimi anni, infatti, le aspettative dei suoi fan si sono completamente azzerate. Perché continuare a vederli allora, direte voi? Ebbene, vedere i film di Dario Argento, oggi, è un atto d’amore pari a quello di chi continua a restare accanto al proprio partner anche quando questo, a causa dell’anzianità, ha perso del tutto la ragione. La trama di Giallo segue lo stesso schema a cui i film del nostro hanno ormai deciso di conformarsi: uno spietato assassino di belle donne (sai che novità) imperversa a Torino, e sulle sue tracce si mettono Linda, sorella di una delle donne rapite dal killer, ed Enzo Avolfi, un giovane ispettore con un cupo passato segnato da eventi violenti. Adrien Brody ed Emmanuelle Seigner sono più spaesati che mai, lui è vistosamente imbarazzato mentre lei sembra chiedersi ad ogni inquadratura “Ma cosa ci faccio qui?”. Non li si può certo biasimare. La coproduzione americana — soprattutto visti i due episodi Jenifer e Pelts della serie televisiva Masters of Horror — faceva almeno sperare in una decenza maggiore rispetto alle opere recenti di Argento e, se bisogna dire che comunque non siamo ai livelli del trash più radicale de La terza madre, siamo comunque dalle parti de Il cartaio, il che non è detto che sia necessariamente da preferirsi.

venerdì 5 novembre 2010

Tutti i battiti del mio cuore

di Jacques Audiard

De battre mon coeur s'est arrêté, Francia 2005, drammatico, 107'. Con Romain Duris, Niels Arestrup, Emmanuelle Devos, Jonathan Zaccaï, Aure Atika, Linh Dan Pham, Gilles Cohen.

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Locandina originale

I personaggi di Jacques Audiard sono prevalentemente maschili e sono tutti legati da un sottile filo conduttore: dovendo fare i conti con la realtà in cui (soprav)vivono, si trovano costretti a sporcare di sangue le loro mani. Come Thomas, che caccia a suon di spranga gli squatter che occupano clandestinamente gli immobili di cui si occupa, ma che allo stesso tempo sogna segretamente di diventare un pianista di talento, come la madre morta. Quando incontra quello che era il vecchio impresario di lei, questo gli propone un’audizione e per prepararsi Thomas prende lezioni da un’implacabile cinesina che non parla la sua lingua e che spiccica giusto due o tre parole in inglese. Rimette le mani sul pianoforte, quelle mani piene di lividi che, sulle orme del padre, usa per picchiare la gente. Il bellissimo titolo originale, De battre mon coeur s'est arrêté, pressappoco significa “Il mio cuore ha smesso di battere”. Già, il cuore di Thomas ha smesso di battere nel momento stesso in cui si è adattato alla vita che il padre gli ha imposto e che si è auto-imposto, rinunciando ai suoi veri sogni e desideri.

giovedì 4 novembre 2010

Espiazione

di Joe Wright

Atonement, Gran Bretagna / Francia 2007, mélo, 123'. Con Keira Knightley, James McAvoy, Saoirse Ronan, Romola Garai, Vanessa Redgrave, Benedict Cumberbatch, Juno Temple, Patrick Kennedy.

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Locandina italiana

La prima parte di Espiazione di Joe Wright è bellissima perché apparentemente non accade nulla. Anzi: non accade proprio nulla. Al di là delle immagini non v’è niente, tutto ha luogo nella fervida immaginazione di una ragazzina, come sottolinea la bellissima colonna sonora (premio Oscar) di Dario Marianelli, con il suo incessante battere di tasti sulla macchina da scrivere. Nella calda estate del 1935, in Inghilterra, la tredicenne Briony Tallis è testimone della relazione tra Cecilia, sua sorella maggiore, e Robbie, figlio di una serva. Briony, a causa della sua giovane età e della sua immaginazione, fraintende drammaticamente parole ed atti di Robbie, credendo che il ragazzo sia un maniaco sessuale e che cerchi di abusare della sorella. Joe Wright — qui al suo secondo film dopo il mediocre Orgoglio e pregiudizio — adatta il best-seller di Ian McEwan e conferisce al suo film una struttura tripartita fin troppo marcata: amore e gelosia, guerra e redenzione, espiazione.

martedì 2 novembre 2010

8 donne e un mistero

di François Ozon

8 femmes, Francia 2002, musicale, 111'. Con Catherine Deneuve, Isabelle Huppert, Danielle Darrieux, Emmanuelle Béart, Fanny Ardant, Virginie Ledoyen, Ludivine Sagnier, Firmine Richard, Dominique Lamure.

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Locandina italiana

8 donne e un mistero è un giallo alla Cluedo ma anche un musical tra mélo e commedia. Siamo negli anni Cinquanta, in una grande villa sommersa dalla neve, sperduta nelle campagne francesi, dove Marcel — patriarca di una famiglia composta esclusivamente da donne — viene assassinato. Chi lo ha ucciso? Sarà un estraneo oppure una delle otto donne che abitano la casa: la moglie, le due figlie, la sorella, la cognata zitella, la suocera tirchia, la cameriera debordante o la leale governante? Basato su una pièce teatrale degli anni ‘60 di Robert Thomas, il bel film di Ozon è da prendersi come un colorato e vivace divertissement senza troppe pretese, da gustare dall’inizio alla fine apprezzandone i meravigliosi costumi e scenografie, le interpretazioni del cast che riunisce il meglio di tre diverse generazioni di attrici transalpine, i numeri musicali che, come in una commedia di Alain Resnais, servono ad esprimere l’interiorità dei personaggi, con la convinzione che nelle “canzonette” sia nascosto in realtà il vero significato della vita.

domenica 31 ottobre 2010

Attrici

di Valeria Bruni Tedeschi

Actrices, Francia 2007, drammatico, 107'. Con Valeria Bruni Tedeschi, Noémie Lvovsky, Mathieu Amalric, Louis Garrel, Marisa Borini, Valeria Golino, Maurice Garrel, Bernard Nissile, Olivier Rabourdin.

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Locandina originale

Dopo il felice esordio dietro la macchina da presa con È più facile per un cammello…, Valeria Bruni Tedeschi fa, purtroppo, un grande passo indietro. Marcelline è un’attrice quarantenne alle prese con storie d’amore catastrofiche e crisi esistenziali che si rende conto con ansia di non aver ancora avuto, alla sua età, dei figli. L’occasione per cercare di rimettere un po’ di ordine nella sua vita sembra arrivarle dall’interpretazione del personaggio di Natalia Petrovna nella piéce di Turgenev Un mese in campagna. Ma anche l’amato teatro e tutti i personaggi che lo popolano non sono altro che fonte di ulteriori frustrazioni ed ossessioni per l’insicura Marcelline. Attrici è un film ambizioso e molto personale. Troppo personale, verrebbe da dire. Anche il film d’esordio, infatti, era molto personale ed autobiografico, ma aveva il dono dell’accessibilità, oltre che della leggerezza e dell’umorismo, qualità che qui scompaiono completamente: Valeria Bruni Tedeschi — non sazia evidentemente dell’intellettualismo che già si sprigiona dalla scelta di rinchiudere quasi completamente il suo personaggio sul palcoscenico di una rappresentazione teatrale — infarcisce il suo film di vaghe crisi esistenziali, di desideri di maternità, di bisogno di amore, di facili metafore (la Natalia Petrovna di Valeria Golino che è, laddove la protagonista non fa altro che recitare), di dialoghi intellettualistici, di passaggi onirici deprimenti.

martedì 26 ottobre 2010

Sulle mie labbra

di Jacques Audiard

Sur mes lèvres, Francia 2001, thriller, 115'. Con Emmanuelle Devos, Vincent Cassel, Olivier Gourmet, Olivier Perrier, Olivia Bonamy, Bernard Alane, Céline Samie, Pierre Diot, François Loriquet, Serge Boutleroff.

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Locandina italiana

Carla fa la segretaria in un’agenzia immobiliare. Ha trentacinque anni e segue dall’inizio alla fine tutte le pratiche per uno stipendio da fame e una riconoscenza ancor più misera. Carla soffre di un handicap: ha un deficit uditivo e porta delle protesi, in compenso sa leggere le labbra. Ormai non ne può più della continua derisione dei suoi colleghi e quando le viene offerto di scegliersi un collaboratore per aiutarla nel lavoro, fa assumere il venticinquenne Paul Angeli, che è appena uscito di prigione e non sa nulla di immobili. Jacques Audiard gira un thriller avvincente che è anche, in sordina, una bellissima storia d’amore. In fondo Carla è una diversa e una disadattata (le due cose non sempre coincidono) che sa leggere le labbra altrui al contrario di tutte le persone che la circondano, che non sono minimamente in grado di leggere le sue e di capirla. Poi arriva Paul, che sembra diverso e che effettivamente diverso è — avendo passato gli ultimi due anni in carcere.

sabato 23 ottobre 2010

Cosa voglio di più

di Silvio Soldini

Italia / Svizzera 2010, drammatico, 126'. Con Alba Rohrwacher, Pierfrancesco Favino, Giuseppe Battiston, Teresa Saponangelo, Monica Nappo, Tatiana Lepore, Sergio Solli, Gisella Burinato, Gigio Alberti, Fabio Troiano.

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Locandina

Lo spunto di partenza del film di Silvio Soldini non è certo molto originale, anzi: Anna, che convive con un uomo, e Domenico, sposato con due figli, si incontrano e scoppia la passione. Una passione prima di tutto sessuale (i due non aspettano certo di conoscersi bene prima di consumare), ma che senz’altro parte dal sesso per estendersi anche ai sentimenti. Per fortuna, perché altre volte, finita la visione di film su simili “passioni”, bisogna dire che l’impulso irrefrenabile sarebbe stato di prendere a schiaffi il regista (L’amore ritrovato di Mazzacurati). Insomma, l’amore non è certo riducibile all’amore platonico, ma nemmeno ad una sequenza di scopate: eccheccavolo. Per fortuna, come dicevamo, qui siamo più dalle parti del bellissimo Un amore di Gianluca Maria Tavarelli (perché non si può stare con la persona che si ama?), anche se Soldini cerca di “aggiornare” il tema dell’adulterio con riferimenti alle coppie di oggi che fanno fatica ad arrivare a fine mese: ma l’idea che emerge da una battuta (didascalica) di Favino verso la fine, che solo chi ha i soldi possa permettersi di risposarsi più volte e quindi di essere felici, oltre a suonare un po’ ingenua — non sono certo i soldi che renderebbero felici Anna e Domenico — è anche un po’ in contraddizione con il film stesso, siccome la passione amorosa viene vissuta dai due innanzitutto come una “fuga impossibile” dai problemi, anche economici, della loro vita di coppia.

domenica 17 ottobre 2010

Eraserhead – La mente che cancella

di David Lynch

Eraserhead, USA 1976, grottesco, 89', b/n. Con Jack Nance, Charlotte Stewart, Allen Joseph, Jeanne Bates, Judith Anna Roberts, Laurel Near.

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Locandina originale

Il primo film di David Lynch non sfigura rispetto alle opere della maturità e ne riassume anzi in nuce tutta la poetica. La trama è già impossibile da raccontare e, pur presentando vari elementi provenienti da generi diversi come fantascienza, horror, fantastico, risulta arduo incasellare il film in una definizione, tanto è profondamente personale. Vedendo Eraserhead si ha davvero l’impressione di assistere alla nascita di un genio, oltre ad avere l’occasione di rinvenire vere e proprie tracce delle opere successive: dal pavimento a zig-zag di Twin Peaks, al teatrino di Mulholland Drive, alle lampade a luce intermittente che sono una costante del suo cinema (la luce a volte si accende, a volte si spegne di colpo, nella vita di ognuno di noi). A parte la camera da letto in cui si svolge gran parte del film, l’universo esterno di Eraserhead è immerso in uno scenario paradossalmente reale che soffoca il suo protagonista: i paesaggi nei quali si muove all’inizio del film sono paesaggi industriali squallidi e disumanizzanti che potrebbero essere quelli di un film di Antonioni rigirato da una mente perversa.

martedì 12 ottobre 2010

L’inferno

di Claude Chabrol

L'enfer, Francia 1993, drammatico, 100'. Con François Cluzet, Emmanuelle Béart, Marc Lavoine, Nathalie Cardone, André Wilms.

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Locandina italiana

Claude Chabrol riprende qui una sceneggiatura che Henri-Georges Clouzot aveva iniziato a mettere in scena nel 1964 con Serge Reggiani e Romy Schneider, prima di essere colto da infarto e dover abbandonare il progetto. Paul è un uomo di successo, è proprietario di un bell’albergo ed ha appena sposato una bella donna, Nelly. Poco dopo il loro matrimonio, però, Paul inizia a cadere sempre più preda di uno stato allucinatorio che lo porta a credere che sua moglie lo tradisca. Quelli che inizialmente potrebbero sembrare dei leciti sospetti si intensificano sempre di più, fino a sfociare in un inferno paranoico “senza fine” nel quale i due protagonisti finiscono per rimanere ingabbiati. Tra tutti i sentimenti umani, la gelosia è senza dubbio uno dei più contraddittori e controproducenti. Essere gelosi infatti significa amare una persona al punto da temerne continuamente la perdita; ma siccome significa anche necessariamente non avere fiducia nella sua fedeltà, il risultato finisce spesso per essere la negazione stessa del sentimento che l’ha originata (l’amore diviene possesso).

lunedì 11 ottobre 2010

Il profeta

di Jacques Audiard

Un prophéte, Francia / Italia 2009, carcerario, 155'. Con Tahar Rahim, Niels Arestrup, Adel Bencherif, Hichem Yacoubi, Reda Kateb, Jean-Philippe Ricci, Gilles Cohen, Antoine Basler, Leïla Bekhti, Pierre Leccia, Foued Nassah, Jean-Emmanuel Pagni, Rabah Loucif.

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Locandina italiana

«Sarebbe una banalità dire che la vita è una prigione. Ma che la prigione sia metafora della vita è evidente: quello che impari dentro, lo utilizzi fuori» (Jacques Audiard). Ogni tanto, per fortuna, capita ancora il miracolo di vedere un film bello, teso, complesso: è successo con Il profeta, che si è aggiudicato il Gran Premio della Giuria al festival di Cannes. Malik è un diciannovenne che viene condannato a sei anni di prigione per aver aggredito un poliziotto. Non sa né leggere né scrivere e non ha una religione. Viene subito preso di mira da César Luciani, leader della gang còrsa che spadroneggia nel carcere, e di conseguenza si trova costretto a svolgere numerose “missioni” che gli fanno meritare sempre di più la fiducia del boss. I compagni di galera iniziano a definirlo un profeta, perché lui è quello che parla, con gli uni e con gli altri, quello che porta i messaggi dentro e fuori, che conosce la gente che può far comodo negli affari. Pur rifiutando categoricamente qualsiasi spettacolarizzazione hollywoodiana, Jacques Audiard accetta gli stilemi del cinema carcerario, che vengono spezzati solo di tanto in tanto attraverso degli inserti onirici (il fantasma dell’uomo ucciso con cui Malik impara a convivere, esattamente come fa con tutto il resto, nella sua cella) che però non si differenziano molto dalla realtà, suggerendo come la realtà sia sostanzialmente un incubo.

domenica 10 ottobre 2010

Quella sera dorata

di James Ivory

The City of Your Final Destination, USA 2009, drammatico, 117'. Con Anthony Hopkins, Charlotte Gainsbourg, Laura Linney, Omar Metwally, Hiroyuki Sanada, Norma Aleandro, Alexandra Maria Lara, Kate Burton, Norma Argentina, Eliot Mathews.

❋❋½

Locandina italiana

James Ivory è stato, in passato, un grande regista. Come ogni regista, ha i suoi pregi ed i suoi difetti: le sue famose ricostruzioni ambientali sono sempre impeccabili (tanto da indurre molti a scambiarlo per un regista inglese, mentre in realtà è californiano), gli attori sovente strepitosi, ma la sua cura maniacale dei dettagli e la sua tendenza a soffocare i sentimenti — al pari delle società che spesso descrive — possono farlo sembrare freddo. Con Quella sera dorata adatta il romanzo omonimo di Peter Cameron, la traduzione del cui titolo originale è un verso di una poesia di Elizabeth Bishop che viene citata nel libro, ma di cui nel film non v’è traccia (il titolo italiano del film risulta dunque incomprensibile senza aver letto il libro). Omar Razaghi è uno studente di origini iraniane che si è diplomato all’università del Colorado. Gli viene assegnata una borsa di studio per scrivere la biografia ufficiale dello scomparso scrittore latino-americano Jules Gund. Quando la Fondazione Gund gli nega l’autorizzazione, allora Omar, su consiglio della sua fidanzata Deirdre, si reca in Uruguay per incontrare gli eredi — la vedova, il fratello e la giovane amante del defunto — e chiedere loro di cambiare idea.

sabato 9 ottobre 2010

Jesus Christ Superstar

di Norman Jewison

Jesus Christ Superstar, USA 1973, musicale, 108'. Con Ted Neeley, Carl Anderson, Yvonne Elliman, Barry Dennen, Bob Bingham, Larry T. Marshall, Joshua Mostel.

❋❋❋½

Locandina italiana

Un musical che ha per protagonista Gesù Cristo non è certo una cosa che capita di vedere tutti i giorni. All’inizio del film, un gruppo di hippy sessantottini che sembrano usciti dritti da Zabriskie Point arriva, a bordo di un autobus, nel deserto della Palestina, che a sua volta ricorda da vicino la Death Valley di quel film. Iniziano ad indossare costumi e a truccarsi, quasi come in una sorta di fantasmagorica rivisitazione storica felliniana (ricordate il Fellini-Satyricon?). Mettono quindi in scena un musical sugli ultimi giorni della vita di Gesù, nel quale è centrale la figura di Giuda Iscariota, che viene interpretato da un attore di colore e che rappresenta, in un certo senso, lo “spirito ribelle” dell’epoca. Proprio perché fortemente legato all’epoca in cui venne concepito (prima  di tutto come spettacolo teatrale) da Andrew Lloyd Webber e Tim Rice, Jesus Christ Superstar rischia oggi di risultare irrimediabilmente datato, sia a livello di rielaborazione parzialmente ironica e parodistica del Nuovo Testamento, sia a livello di messinscena (alcune coreografie e costumi, nonché personaggi, appaiono oggi alquanto ridicoli).

mercoledì 6 ottobre 2010

Il tagliagole

di Claude Chabrol

Le boucher, Francia / Italia 1970, thriller, 93'. Con Stéphane Audran, Jean Yanne, Antonio Passalia, Pascal Ferone, Mario Beccara, William Guérault, Roger Rudel.

❋❋❋❋½

Locandina italiana

A Claude Chabrol non interessano mai le storie (gli intrecci), ma l’interiorità dei suoi personaggi. Men che meno gli interessano i generi, che come in Antonioni non sono altro che un puro pretesto da cui partire per scandagliare l’animo ed i sentimenti umani. Eppure, Il tagliagole fonde perfettamente due generi in superficie così diversi come il thriller (a tratti quasi horror) e il mélo, che si abbracciano e si intrecciano in un tutt’uno segretamente inscindibile. Siamo in un piccolo paese del Périgord, dove Hélène, un’insegnante di scuola elementare, e Popaul, un macellaio fortemente segnato dall’esperienza della guerra, si incontrano durante un matrimonio e diventano amici. Poco dopo, una donna viene trovata uccisa nel bosco e in seguito un altro cadavere è rinvenuto da Hélène stessa mentre è in gita alle grotte con i bambini della sua scuola. Hélène ha avuto una breve e intensa relazione dieci anni prima che l’ha fatta soffrire al punto da spingerla a fare a meno dell’amore e ad accontentarsi del suo lavoro. Popaul scherza, le dice che a non fare l’amore si diventa folli; lei controbatte che si può diventare folli anche a farlo. L’arrivo di Popaul nella vita di Hélène potrebbe essere un’occasione per rimettere in discussione la sua scelta di rinuncia.

domenica 3 ottobre 2010

La pecora nera

di Ascanio Celestini

Italia 2010, commedia, 93'. Con Ascanio Celestini, Giorgio Tirabassi, Maya Sansa, Luisa De Santis, Barbara Valmorin, Nicola Rignanese, Luigi Fedele, Alessia Berardi, Alessandro Marverti, Mauro Marchetti.

❋❋½

Locandina

Ad Ascanio Celestini bisogna riconoscere il merito di aver girato un film abbastanza inconsueto per l’attuale panorama cinematografico italiano. Una commedia che non lascia fuori campo il dramma, il dolore, l’infelicità, ma che li affronta in background senza nasconderli ed anzi facendone il perno della comicità strampalata del film. La parte più felice è la prima, in cui vediamo Nicola bambino nei “favolosi anni ‘60” alle prese con i suoi problemi a scuola, con la nonna contadina e con il padre ed i fratelli che lo maltrattano, mentre la madre è stata rinchiusa in manicomio per problemi psichiatrici. L’infanzia di Nicola, che ben presto verrà considerato pazzo e dovrà inventarsi un amico che in realtà non esiste per far fronte alla sua solitudine, è descritta nel film attraverso un immaginario divertente e personalissimo, commentato dalla voce fuori campo di Celestini che, in questa prima parte, non è mai pesante o eccessiva; bellissima, in particolare, la scena dei ragni con Nicola e Marinella bambini.