giovedì 8 novembre 2012

Drive

di Nicolas Winding Refn

Drive, USA 2011, azione, 95'. Con Ryan Gosling, Carey Mulligan, Bryan Cranston, Albert Brooks, Oscar Isaac, Christina Hendricks, Ron Perlman, Kaden Leos, Jeff Wolfe, James Biberi, Russ Tamblyn, Joey Bucaro, Tiara Parker.

❋❋❋½

Locandina italiana

Drive di Nicolas Winding Refn — basato sull’omonimo romanzo di James Sallis — si è aggiudicato il premio per la miglior regia al Festival di Cannes 2011 ed ha diviso la critica tra chi ha gridato subito al filmone e chi si è invece dichiarato assai perplesso dinnanzi al film. Come accade spesso in questi casi, la verità sta nel mezzo e viene oscurata in modo inevitabile dalla cecità di un “estremismo critico” proprio di chi, preso dall’entusiasmo o dall’irritazione della prima visione, si limita a vedere solo i pregi o solo i difetti di un film. E diciamo subito che Drive è — non a caso — un film parecchio diseguale, con momenti di grande cinema ma anche numerose lacune e imperfezioni, e proprio per questo in grado di entusiasmare così come di irritare. Un uomo (senza nome ma indicato come “Driver” nei titoli di coda) con la passione per le automobili divide la sua vita diurna tra il lavoro di meccanico e quello di stuntman per il cinema e, in quella notturna, saltuariamente, si trasforma anche in autista per criminali. Mentre il suo capo officina Shannon gli procura un accordo con un potente boss locale per introdurlo alle corse professionistiche, lui conosce e si innamora di Irene, sua vicina di casa con un figlio a carico e il marito in galera. La prima parte di Drive è senz’altro la più riuscita: riprendendo le atmosfere notturne di alcuni film fine anni ‘70 ed anni ‘80 come Driver l’imprendibile (1978) di Walter Hill e Vivere e morire a Los Angeles (1985) di William Friedkin (dal quale il film mutua addirittura il carattere dei titoli di testa), il regista riduce al minimo le scene di inseguimenti automobilistici che erano cruciali in quelle pellicole; rallenta ulteriormente il ritmo a favore di un’introspezione che passa attraverso ambienti immobili e personaggi quasi altrettanto immobili; e sposta il baricentro del film nella rappresentazione di un eroe romantico disposto a mettere in pericolo la sua stessa vita per proteggere quella della donna che ama, privilegiando così soprattutto un sentimentalismo molto lynchiano fatto di purezza assoluta (l’amore tra Driver e Irene è casto e platonico) contrapposto alla brutalità di una violenza tanto efferata quanto gratuita. Da questo punto di vista, se la regia di Refn si dimostra assolutamente all’altezza del miglior Lynch nella messa in scena dell’incontro di due anime — del cui passato non ci viene detto nulla ma il cui disagio esistenziale appare evidente sui volti di Gosling e Mulligan — attraverso un utilizzo attento delle luci e del sonoro (che spesso rimuove ogni suono esterno lasciando che siano gli sguardi reciproci dei due protagonisti a “parlare” nel silenzio) e una scelta altrettanto accurata dei brani musicali (su tutti, A Real Hero a commentare la visita al letto senz’acqua del canale scolmatore), è invece purtroppo la convenzionalità nella rappresentazione di un ambiente mafioso e di una violenza a dir poco fumettistica nella sua gratuita efferatezza a non convincere: se in un film come Léon (1994) i due aspetti convivevano alla perfezione ed anzi si alimentavano a vicenda in una visione d’insieme coerente, qui finiscono per sembrare semplicemente accostati allo scopo di contrapporre in modo un po’ troppo programmatico Amore e Violenza, Purezza e Corruzione, Bene e Male (sintomatica, in tal senso, la scena del bacio nell’ascensore). Ma del “mondo impazzito” di Velluto blu (1986) qui non c’è traccia: il Bene e il Male sembrano più appartenere a due mondi diversi che si scontrano che non intrecciati in uno solo che li contempla ambiguamente entrambi, come avveniva tra l’altro anche nel film di Besson. Forse troppo preoccupato di dimostrare quanto è bravo e cool, il regista danese — che sbaglia in gran parte il cast di contorno e non sa bene come concludere il film — nella seconda parte finisce così per calcare troppo la mano su una violenza inutile e compiaciuta, ed avrebbe per questo motivo qualcosa da imparare dal suo protagonista. Ryan Gosling infatti, al di là delle imposizioni di sceneggiatura, attraversa invece tutto il film impassibile, imperturbabile, senza fare una piega, come a dire: quando si è davvero bravi e cool, non si sente alcun bisogno di “dimostrarlo”. Il vero asso di cuori di Drive è senza ombra di dubbio lui.

Drive