di Robert Bresson
Le diable probablement…, Francia 1977, drammatico, 96'. Con Antoine Monnier, Tina Irissari, Henri de Maublanc, Laetitia Carcano, Nicolas Deguy, Régis Hanrion, Geoffroy Gaussen, Roger Honorat.
«Ma dottore io non sono malato… Non è una malattia veder chiaro». È Charles, il giovane protagonista de Il diavolo probabilmente…, a parlare, davanti ad uno psicanalista, nel penultimo film di Bresson, premiato con l’Orso d’Argento a Berlino. Charles è un giovane ragazzo che, sull’onda libertaria del Sessantotto, ha abbandonato la famiglia e vive da solo. Lo sguardo di Bresson lo coglie nella solitudine ingiallita della sua stanza. Apatia, noia. Va alle riunioni di un gruppo di estrema sinistra, ma mentre gli altri giovani si danno da fare, riunendosi per discutere insieme di politica, manifestare e cercare di sensibilizzare e smuovere in qualche modo l’opinione pubblica, Charles capisce che tutto è inutile perché il male del mondo è inestirpabile e gli uomini viaggiano su una nave di folli. Michel, un amico che sta montando un film contro l’inquinamento, si preoccupa del suo stato mentale e decide di andare a vivere con lui. Ma tutto lascia indifferente Charles, anche il tradimento della sua ragazza Edwige. Quando in chiesa i suoi compagni contestano un prete progressista, Charles è di nuovo in disaccordo, poiché Dio non è morto, non è mai esistito. Il malessere di Charles cresce: prima si concede a una donna per gioco, poi tenta di annegarsi in una vasca. L’incontro con il tossicodipendente Valentin segna l’avvio verso un finale che sembra predestinato: Charles lo aiuta a bucarsi e i due si rifugiano nottetempo in una chiesa dalla quale Charles al mattino fugge scassinando la cassetta delle offerte. Charles viene arrestato ed affidato ad uno psicanalista. Comprata una pistola, Charles promette a Valentin di pagarlo se lo ucciderà. Di notte, nel cimitero del Père-Lachaise, Charles realizza finalmente il suo obiettivo. «Quello che mi ha spinto a fare questo film è lo spreco che si fa di tutto. È questa civiltà di massa dove ben presto l’individuo non esisterà più. Questa folle agitazione. Questa immensa impresa di demolizione dove moriremo per colpa di ciò per cui avevamo sperato di vivere. È anche la stupefacente indifferenza della gente, con l’esclusione di alcuni dei giovani più lucidi» (Robert Bresson). Indifferenza: è ciò che per tutto il film si legge sul volto e negli occhi senza alcuna espressione del protagonista così come degli altri personaggi. Si tratta di un leit-motiv nella filmografia del regista, un’indifferenza sottolineata da una recitazione atonale, fredda, piatta. Il regista insiste su primi piani che tradiscono l’assenza di qualsiasi espressione, mentre altre volte ci mostra solo la parte inferiore dei corpi: le gambe, le braccia, le mani, come se questi corpi senz’anima si muovessero per pura inerzia, come ben rappresenta la bellissima locandina francese del film. Ma è Charles davvero così indifferente al destino del mondo, o piuttosto sono gli altri, i “normali”, i ciechi appunto, ad esserlo? «La società si contrappone al desiderio di libertà, di evasione, anche se poi la libertà, l’evasione, portano al desiderio di morte» (Robert Bresson). C’è comunque qualcosa di diabolico e contraddittorio nel comportamento di Charles, che sembra non voler accettare il mondo mentre lo subisce passivamente, senza moti di ribellione. La sua stessa morte non costituisce in alcun modo una rivolta, ma una resa, una dichiarazione d’impotenza. Il diavolo probabilmente… — il titolo bellissimo, che fa riferimento alla battuta pronunciata quasi casualmente dal passeggero di un autobus nel film, attribuisce ironicamente la responsabilità della deriva dell’umanità al diavolo — è uno dei film più neri e pessimisti di Bresson. Imperfetto in una certa didascalicità e programmaticità che emerge qui molto più che altrove, sia nei filmati documentaristici che in taluni dialoghi, resta pur tuttavia un film profetico sotto molti aspetti («Vogliamo far entrare il Cristianesimo nella vita di oggi. E perché non la vita di oggi nel Cristianesimo?»; «Non prendetevela con i governi! In tutto il mondo, in questo momento, nessuno e nessun governo può vantarsi di governare: sono le masse a determinare gli eventi, delle forze oscure di cui è impossibile conoscere le leggi»), anche se il grido d’allarme del regista rischia di apparire oggi, per certi aspetti, un po’ troppo facile e più premeditato che davvero sentito.