di Lars von Trier
Antichrist, Danimarca / Germania / Francia / Svezia / Italia / Polonia 2009, drammatico, 108'. Con Willem Dafoe, Charlotte Gainsbourg.
Iniziamo con una premessa: chi scrive non ha alcun pregiudizio nei confronti di Lars von Trier e, pur non avendo visto tutti i suoi film, ne ama alcuni (su tutti, Dancer in the Dark, ma anche The Kingdom e Dogville) mentre considera esageratamente idolatrati, dalla critica così come dai cinefili, altri (Le onde del destino). Insomma, von Trier non è certo Dreyer e, anche se lui finge di non saperlo, in realtà lo sa molto bene. Tanto è vero che, di tanto in tanto, avverte il bisogno di inventarsi “qualcosa” di originale o scioccante, quasi a voler rimarcare il suo status di artista, e questo “qualcosa” può essere il Dogma con le sue regole tanto ferree quanto insensate (e poi infatti subito messe da parte), la brutale esecuzione di una condannata a morte, una scenografia teatralmente e follemente scarna ed essenziale, oppure — come in questo caso — l’ormai abusato cocktail sesso & violenza, più una volpe parlante che sentenzia «Il caos regna!», il che fa tanto geniale ovviamente (ricordate i conigli di INLAND EMPIRE di Lynch, vero?). Beh, bisogna dire che i precedenti escamotage godevano, se non altro, di maggior dignità. E, soprattutto, che il vero artista (Dreyer appunto) non sente certo il bisogno di essere considerato tale, semplicemente si impegna a girare dei film che siano, per quanto è possibile, belli. D’accordo, qualcuno obietterà che stiamo conducendo un processo alle intenzioni: nulla toglie che von Trier sia effettivamente sincero ed abbia girato questo film con l’intento di creare bellezza (ma speriamo di no, proprio perché comunque siamo consapevoli del suo talento, e pensiamo che in passato abbia girato film belli, anche se non certo capolavori). Di conseguenza, veniamo ai fatti, ovvero al film, che si apre su una sequenza in bianco e nero estremamente patinata, su musica di Händel (Lascia ch'io pianga dal “Rinaldo”): uno stile da spot pubblicitario che è l’esatto opposto del Dogma, per intenderci. Mamma Gainsbourg e papà Dafoe (vi auguriamo di essere etero e non gay se avete intenzione di vedere questo film) stanno facendo l’amore appassionatamente sotto la doccia e contro la lavatrice, e il loro bambino nel frattempo casca giù dalla finestra. Di conseguenza (torniamo al colore) lui, che è uno psicoterapeuta, per aiutarla a superare il dolore (!) la porta nel giardino dell’Eden, una foresta stile The Blair Witch Project, con la differenza che lì dominava quell’amatorialità tanto amata da von Trier ‒ nel frattempo convertitosi, a quanto pare, ad uno stile più sobrio e “normale”, pur se con ralenti da horrorino hollywoodiano. Qui cercheranno di recuperare il loro rapporto, alternando scopate e masturbazioni tra le felci a scatti d’ira furiosi (opera probabilmente del Maligno!). C’è chi ha parlato di simbolismi arcani (del resto il film è dedicato alla memoria di Andrej Tarkovskij), di bellezza visiva, di film conturbante e profondo. Ma Antichrist non solo non emoziona, non intriga (per cui non funziona nemmeno come “film d’intrattenimento” alla Vacancy), non fa riflettere, ma soprattutto non scandalizza: è solo un pasticciaccio tremendo e ridicolo in cui si ha la brutta impressione che un copione non esistesse al momento delle riprese, e in cui ‒ come dicevo sopra ‒ il sesso e la violenza nonché il cinema vengono usati per riempire le inquadrature vuote di un regista che ormai non ha più niente da dire. Ammesso che ce l’abbia mai avuto, per inteso, poiché l’impressione che dà von Trier, opera dopo opera, è sempre più quella di chi tenta, un po’ a casaccio, varie strade; a volte (per caso?) forma e contenuto, ed anche quegli elementi che altrimenti risulterebbero altamente irritanti (lo sfruttamento del dolore e delle tragedie dei suoi personaggi come ricatto emozionale), trovano una loro folle coerenza (Dancer in the Dark), ma in questo caso francamente ci sembra che non esistano né una forma né un contenuto degni di essere presi in considerazione. Non solo Antichrist non libera la testa, ma ‒ cosa ben più grave ‒ non la occupa nemmeno temporaneamente.