mercoledì 5 gennaio 2011

Les parapluies de Cherbourg

di Jacques Demy

Les parapluies de Cherbourg, Francia / Germania 1964, musicale, 92'. Con Catherine Deneuve, Nino Castelnuovo, Anne Vernon, Marc Michel, Ellen Farner, Mireille Perrey.

❋❋❋❋½

Locandina originale

Les parapluies de Cherbourg è un film delizioso che si vede tutto d’un fiato. È un musical e allo stesso tempo un film sentimentale (più che mélo). È coloratissimo e vivace, anche se la storia che racconta è tutt’altro che allegra. È ingenuo e illusorio come un bacio Perugina nella prima parte, e pessimista e disilluso nell’ultima. È il primo vero successo di Catherine Deneuve, sublime nei panni della giovane Geneviève e che di lì a poco avrebbe recitato per Polanski (Repulsion) e per Buñuel (Bella di giorno). Il film è strutturato in tre parti: la partenza, l’assenza e il ritorno. Nel 1957 Geneviève, figlia di una venditrice di ombrelli, ama il meccanico Guy che però l’anno dopo parte soldato per l’Algeria. Nel frattempo lei è rimasta incinta di lui ma, non ricevendo sue notizie, decide di assecondare la madre che vuole che sposi il ricco Roland. Quando Guy ritorna, ferito, nel 1959, si sposa a sua volta ed apre una stazione di servizio. I due si incontrano per caso la vigilia di Natale del 1962, ma non sembrano avere molto da dirsi. Il musical di Jacques Demy — Palma d’oro a Cannes e grande successo di pubblico in Francia — si differenzia da quello tradizionale americano perché qui i personaggi non ballano e soprattutto è l’intero film ad essere cantato: non ci sono vere e proprie canzoni, ma sono i dialoghi stessi del film ad essere messi, ininterrottamente, in musica. I numeri musicali non sono quindi isolati ma piuttosto è tutto il film ad essere, in un certo senso, un unico grande numero musicale diviso in tre atti. La trama è quanto di meno originale si possa immaginare: lei che ama lui e viceversa, loro che pensano che non potranno mai lasciarsi, la madre di lei che le dice che non sa ancora nulla dell’amore e che basterà poco a dimenticarsi di lui, il finale che dimostra che la madre aveva ragione. O forse no? Dall’amore ci si deve — in qualche modo — proteggere, proprio come i passanti si proteggono con gli ombrelli dalla pioggia battente sui titoli di testa. Ma l’amore è l’ingenua e straziante illusione adolescenziale oppure la realtà concreta e magari un po’ esangue («One is the loneliest number», cantava del resto Aimee Mann in Magnolia) di una relazione? Il finale è sufficientemente ambiguo da risultare al contempo indifferente e malinconico, e da non dare così, molto intelligentemente, una risposta. I due protagonisti sono belli e bravi (anche se doppiati da cantanti), le musiche di Michel Legrand sono meravigliose nonostante la loro pomposità (o forse proprio per quello), mentre la regia scattante di Demy è capace di trasformare la vera Cherbourg in una trasfigurazione favolistica, ricolorandola in un modo che oggi si direbbe almodóvariano. La favola di Les parapluies de Cherbourg è assolutamente vera seppur immersa nella totale falsità del cinema (e del musical in particolare, e di questo musical ininterrotto ancora più in particolare): è banale ed ingenua, è scontata e un po’ sdolcinata, è romantica ed illusoria nonostante il finale e, proprio per questo, bellissima.

Les parapluies de Cherbourg