domenica 23 ottobre 2011

Melancholia

di Lars von Trier

Melancholia, Danimarca / Svezia / Francia / Germania 2011, drammatico, 136'. Con Kirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland, Charlotte Rampling, John Hurt, Alexander Skarsgård, Stellan Skarsgård, Brady Corbet, Udo Kier, James Cagnard, Jesper Christensen, Stefan Cronwall, Deborah Fronko, Cameron Spurr.

❋❋

Locandina italiana

Lars von Trier è un grande buffone, quando decide di fare il buffone. Inizio a buttarla lì, e mi prendo il tempo necessario per spiegare il perché. Dopo l’inguardabile Antichrist, ci siamo recati in sala fiduciosi che non sarebbe stato possibile far di peggio. E la buona notizia (si fa per dire) è che Melancholia in effetti è — rispetto ad Antichrist — un capolavoro, un’opera di grande cinema e di raffinatissimo gusto estetico. Ci sono punti all’attivo: alcune inquadrature (i tableaux vivants dell’incipit sulle note del wagneriano Tristano e Isotta, ma anche le corse a cavallo) sprigionano un’innegabile bellezza, così come alcune scene non possono lasciare indifferenti (la Gainsbourg che non riesce a respirare). E von Trier resta uno dei pochi a conservare, nel bene e nel male, uno stile unico e inimitabile. Più deludente semmai in questo caso il reparto attori, con un cast di tutto rispetto di cui però appare francamente ingiustificata la Palma d’oro a Cannes per l’insipida Kirsten Dunst, mentre l’ottima Gainsbourg si rifugia nel buon mestiere e la Rampling è vergognosamente sprecata; tutti gli altri funzionano, in proporzione alla (scarsa) importanza dei rispettivi personaggi.

venerdì 23 settembre 2011

Carnage

di Roman Polanski

Carnage, Francia / Germania / Polonia / Spagna 2011, commedia, 79'. Con Jodie Foster, Kate Winslet, Christoph Waltz, John C. Reilly.

❋❋❋½

Locandina italiana

Si può girare, nel 2011, un film ambientato tutto in una stanza, con (letteralmente) quattro attori, senza annoiare? Se ci si chiama Roman Polanski, la risposta è sì. Affascinato fin da sempre dagli ambienti chiusi e claustrofobici — basti pensare a film come Repulsion, Rosemary’s baby e L’inquilino del terzo piano (che molti raccolgono insieme a idealmente costituire una sorta di “trilogia dell’appartamento”), La morte e la fanciulla o anche allo stesso Il coltello nell’acqua, ambientato su una barca — il regista polacco non si è smentito nemmeno nelle vesti di solo attore: non bisogna infatti dimenticare il claustrofobico Una pura formalità di Tornatore, da lui interpretato accanto a Gérard Depardieu. Qui parte dalla pièce teatrale “Il dio del massacro” di Yasmina Reza (da lui sceneggiata insieme all’autrice) per costruire un congegno narrativo che rasenta — almeno nella prima parte — la perfezione. In una lite al parco un ragazzino di undici anni colpisce un coetaneo al volto con un bastone. I genitori, due coppie di Brooklyn, decidono di incontrarsi per discutere del fatto e risolvere la cosa da persone civili. Ma ben presto, gli iniziali convenevoli si trasformano in battibecchi velenosi e il comportamento delle due coppie degenera in situazioni assurde e ridicole.

martedì 20 settembre 2011

Il diavolo probabilmente…

di Robert Bresson

Le diable probablement…, Francia 1977, drammatico, 96'. Con Antoine Monnier, Tina Irissari, Henri de Maublanc, Laetitia Carcano, Nicolas Deguy, Régis Hanrion, Geoffroy Gaussen, Roger Honorat.

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Locandina originale

«Ma dottore io non sono malato… Non è una malattia veder chiaro». È Charles, il giovane protagonista de Il diavolo probabilmente…, a parlare, davanti ad uno psicanalista, nel penultimo film di Bresson, premiato con l’Orso d’Argento a Berlino. Charles è un giovane ragazzo che, sull’onda libertaria del Sessantotto, ha abbandonato la famiglia e vive da solo. Lo sguardo di Bresson lo coglie nella solitudine ingiallita della sua stanza. Apatia, noia. Va alle riunioni di un gruppo di estrema sinistra, ma mentre gli altri giovani si danno da fare, riunendosi per discutere insieme di politica, manifestare e cercare di sensibilizzare e smuovere in qualche modo l’opinione pubblica, Charles capisce che tutto è inutile perché il male del mondo è inestirpabile e gli uomini viaggiano su una nave di folli. Michel, un amico che sta montando un film contro l’inquinamento, si preoccupa del suo stato mentale e decide di andare a vivere con lui. Ma tutto lascia indifferente Charles, anche il tradimento della sua ragazza Edwige. Quando in chiesa i suoi compagni contestano un prete progressista, Charles è di nuovo in disaccordo, poiché Dio non è morto, non è mai esistito. Il malessere di Charles cresce: prima si concede a una donna per gioco, poi tenta di annegarsi in una vasca.

lunedì 19 settembre 2011

Le amiche

di Michelangelo Antonioni

Italia 1955, drammatico, 106', b/n. Con Eleonora Rossi Drago, Gabriele Ferzetti, Franco Fabrizi, Valentina Cortese, Yvonne Furneaux, Madeleine Fischer, Ettore Manni, Anna Maria Pancani, Maria Gambarelli, Luciano Volpato, Alessandro Fersen, Concetta Biagini.

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Locandina

Le amiche è quasi sicuramente il film di Antonioni più sottovalutato. All’epoca di questo film, il regista era ancora alla ricerca di una forma ed uno stile che non avrebbero trovato piena realizzazione nemmeno col successivo capolavoro Il grido (1957), ma solo con L’avventura (1960). Tuttavia, se lo stile può definirsi qui ancora acerbo, di certo non si può dire lo stesso delle tematiche affrontate, che Antonioni aveva ben chiare in mente sin dal suo primo film. Almeno sino a Il deserto rosso (1964), la sua filmografia costituisce infatti un unico discorso ininterrotto che perderebbe indubbiamente in profondità e ricchezza di sfumature qualora i vari tasselli che lo compongono venissero analizzati isolatamente. Sbaglia, pertanto, chi crede che L’avventura rappresentò una rottura rispetto a Il grido: a livello formale probabilmente sì, a livello contenutistico assolutamente no, tanto che si può parlare a ragione di “prosecuzione”. Sbagliato e assolutamente fuorviante quindi a mio avviso considerare una tetralogia L’avventura, La notte, L’eclisse e Il deserto rosso (una classificazione che non a caso venne operata dalla critica, e non dallo stesso Antonioni), come se costituissero un blocco isolato e a suo modo indipendente da quanto c’era stato prima. Ma torniamo a Le amiche, che a ben vedere contiene, in nuce, entrambi i due (più famosi) film successivi.

giovedì 15 settembre 2011

Flashdance

di Adrian Lyne

Flashdance, USA 1983, musicale, 95'. Con Jennifer Beals, Michael Nouri, Lilia Skala, Sunny Johnson, Kyle T. Heffner, Lee Ving, Ron Karabatsos, Belinda Bauer, Malcolm Danare, Philip Bruns, Micole Mercurio.

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Locandina originale

«…Flashdance si chiamava quel film che mi ha cambiato definitivamente la vita…»: così Nanni Moretti nel suo Caro diario (1993) omaggiava — con entusiasmo forse un po’ eccessivo e con tanto di breve cameo della protagonista Jennifer Beals (!) — il film molto 80s style di Adrian Lyne. Alex, moderna ragazza diciottenne, lavora come saldatrice in una grande officina di Pittsburgh, in Pennsylvania, e la sera arrotonda il salario ballando la flashdance in un locale notturno. Tuttavia, il suo sogno è fare la ballerina di professione e a sostenerla nell’idea c’è Hanna, un’anziana amica ex danzatrice classica. Nel frattempo, Alex fa conoscenza con Nick, il suo giovane datore di lavoro, divorziato. Tra i due si instaura un rapporto che sembra destinato a durare, fino a quando lei non viene a sapere che Nick sfrutta le sue conoscenze per facilitarle l’entrata nell’accademia di danza. Alex rompe l’amicizia, offesa nel suo orgoglio personale, ma poi ci ripensa, si pente, rifà pace e decide di affrontare il provino di ammissione... Flashdance ha una trama esile esile: ragazza costretta a lavorare come saldatrice per guadagnarsi da vivere e che ha un sogno nel cassetto, s’impegna per farlo diventare realtà.

domenica 11 settembre 2011

Falso movimento

di Wim Wenders

Falsche Bewegung, Germania 1975, drammatico, 103'. Con Rüdiger Vogler, Hans Christian Blech, Hanna Schygulla, Nastassja Kinski, Peter Kern, Ivan Desny, Marianne Hoppe, Lisa Kreuzer, Adolf Hansen.

❋❋½

Locandina originale

Wim Wenders si ispira lontanamente al romanzo Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister di J. W. Goethe (adattato da Peter Handke) per affrontare — nel secondo capitolo della cosiddetta “trilogia della strada” — tematiche non da poco come l’alienazione dell’uomo moderno, la sua difficoltà nel comunicare coi propri simili, e soprattutto il “falso movimento” (titolo bellissimo) di chi, desiderando in apparenza muoversi verso gli altri per liberarsi della propria solitudine, non nutre in realtà alcuna intenzione di percorrere un solo centimetro in tale direzione: «In realtà il mio unico desiderio era di rimanere solo e indisturbato nella mia apatia. Lì, sullo Zugspitze, aspettavo che succedesse qualcosa; ma non accadde nulla. Perché ero fuggito? Perché avevo lasciato gli altri? […] Era come se avessi perduto e continuassi a perdere qualcosa ad ogni nuovo movimento...». È forse questo il motivo per cui, se questo film può essere considerato un road-movie al pari degli altri due capitoli della trilogia, ci si sposta comunque molto meno che in Alice nelle città o Nel corso del tempo, e quasi sempre ci si muove a piedi in lunghi ed estenuanti piani-sequenza.

giovedì 8 settembre 2011

Nel corso del tempo

di Wim Wenders

Im Lauf der Zeit, Germania 1976, drammatico, 175', b/n. Con Rüdiger Vogler, Hanns Zischler, Lisa Kreuzer, Rudolf Schündler, Marquard Bohm, Hans Dieter Trayer, Franziska Stömmer, Patric Kreuzer.

❋❋❋❋½

Locandina originale

Ideale chiusura di una “trilogia della strada” iniziata con Alice nelle città (1974) e proseguita con Falso movimento (1975), Nel corso del tempo è, al pari dei due precedenti capitoli, un intenso ed emozionante road-movie dell’anima, e al contempo un’esperienza visiva unica (fotografia di Robbie Müller e Martin Schäfer): non c’è niente di difficile o astruso in questo bellissimo film, solo l’incontro tra due esseri umani e le rispettive solitudini, il vuoto del paesaggio che scorre in sottofondo, la straordinaria colonna sonora rock (a cura degli Improved Sound Limited), i vari incontri che i due protagonisti fanno lungo il loro cammino. Nel corso del tempo, il film. Si avverte qui, probabilmente molto più che in qualunque altro film di Wim Wenders, l’influenza di Antonioni e in particolare di un film come Il grido (1957), a partire ovviamente dal tema del viaggio — o meglio, vagabondaggio, dal momento che un viaggio presuppone una meta — che diventa viaggio interiore: un tema che il regista ferrarese, da par suo, aveva portato al sublime appena due anni prima con il suo capolavoro Professione: reporter. Ma Antonioni si sente anche e soprattutto nell’utilizzo introspettivo del paesaggio, nella scansione felicemente anticonvenzionale del ritmo, nella prevalenza dell’immagine sulla parola, con i dialoghi meravigliosamente ridotti all’osso: Wenders non ha (ancora) bisogno di filosofeggiare per giungere in profondità ed emozionare, e dimostra una straordinaria sensibilità che è difficile ritrovare nelle cerebrali pellicole degli anni Ottanta, quali Lo stato delle cose (1982) o il sopravvalutato Il cielo sopra Berlino (1987).

sabato 3 settembre 2011

Diavolo in corpo

di Marco Bellocchio

Italia / Francia 1986, drammatico, 114'. Con Maruschka Detmers, Federico Pitzalis, Anita Laurenzi, Alberto Di Stasio, Riccardo De Torrebruna, Catherine Diamant, Anna Orso, Lidia Broccolino, Stefano Abbati, Claudio Botosso.

❋½

Locandina

Diavolo in corpo è un film rimasto famoso (si fa per dire…) per un’unica scena che, dopo avergli causato all’uscita nelle sale il divieto ai minori di 18 anni, essere stata tagliata sistematicamente nei passaggi televisivi ed essere stata oscurata nelle edizioni VHS, è stata solo oggi finalmente ripristinata integralmente in occasione dell’uscita in DVD: si tratta della fellatio che Maruschka Detmers pratica al giovane Federico Pitzalis, che costituisce probabilmente la prima scena di sesso hard non simulato inserita all’interno di un film d’autore. Una performance che, all’epoca, fu in grado di bruciare sul nascere la carriera dell’olandese Detmers, che aveva esordito solo tre anni prima con Godard nel mediocre — nonostante un immeritato Leone d’oro — Prénom Carmen: una sfortuna ancor più grande, quindi, se paragonata a quella di una Maria Schneider, alla quale almeno non toccò certo la beffa di incontrare due grandi registi proprio in occasione di due dei loro peggiori film. Siamo a Roma, dove una pazza di colore, errante sui tetti minacciando il suicidio, attira l’attenzione di una classe di liceo da una parte e di una bella e nevrotica ragazza borghese dall’altra, Giulia, da cui subito è colpito Andrea, uno dei liceali, che scavalca la finestra dell’aula e la insegue col suo motorino. Accompagnata dal giovane prete che poco prima ha cercato goffamente di distogliere la ragazza dal suicidio, Giulia sosta a un punto del ponte sul Tevere dove è caduto il padre, vittima delle Brigate rosse, e si reca poi a un processo contro i brigatisti, prodigando segnali d’intesa e d’affetto a un pentito, cui è promessa sposa.

martedì 19 luglio 2011

Hud il selvaggio

di Martin Ritt

Hud, USA 1963, western, 112', b/n. Con Paul Newman, Melvyn Douglas, Patricia Neal, Brandon de Wilde, Whit Bissell, Crahan Denton, John Ashley, Val Avery, George Petrie, Curt Conway, Sheldon Allman, Pitt Herbert, Carl Low, Robert Hinkle, Don Kennedy, Sharyn Hillyer, Yvette Vickers.

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Locandina italiana

Nel grande ranch texano di Homer Bannon, allevatore orgoglioso e all’antica, vivono il figlio trentenne Hud — tipo spregiudicato e ribelle la cui vita è limitata a bere, iniziare risse al bar, girare con la sua Cadillac sportiva rosa ed andare a letto con le donne (sposate o no) — e il nipote diciassettenne ed orfano Lonnie, diviso negli affetti tra i due e dispiaciuto dei contrasti tra di loro. Sia Lonnie che Hud sono attratti in qualche modo da Alma, la governante di mezza età dei Bannon: tanto Hud è crudo e ingiurioso verso di lei, quanto Lonnie è protettivo. La situazione, e in particolare gli scontri tra Hud e l’anziano padre, peggiora ancora di più quando si scopre che, in seguito all’acquisto di alcune mucche provenienti dal Messico, il bestiame del ranch è stato contagiato da un’incurabile malattia infettiva, l’afta epizootica. Hud il selvaggio è un film sottovalutato in Europa, dove la critica lo accolse con molte riserve, e forse un po’ sopravvalutato in America, dove ebbe un grande successo aggiudicandosi tre premi Oscar: per lo splendido bianconero di James Wong Howe, e per le ottime interpretazioni di Melvyn Douglas, nel ruolo del tradizionalista e quasi romantico padre, e della straordinaria Patricia Neal, nel ruolo della disincantata governante Alma; mentre un memorabile Paul Newman ottenne solo la nomination e non l’Oscar che quell’anno andò a Sidney Poitier per I gigli del campo di Ralph Nelson. Come spesso accade, la verità sta nel mezzo: Hud il selvaggio è un grande film, pur senza essere un capolavoro.

venerdì 8 luglio 2011

Caro diario

di Nanni Moretti

Italia 1993, commedia, 100'. Con Nanni Moretti, Renato Carpentieri, Antonio Neiwiller, Claudia Della Seta, Lorenzo Alessandri, Raffaella Lebboroni, Marco Paolini, Moni Ovadia, Riccardo Zinna, Jennifer Beals, Alexandre Rockwell, Giulio Base, Carlo Mazzacurati, Italo Spinelli, Valerio Magrelli, Sergio Lambiase, Gianni Ferraretto, Pino Gentile, Serena Nono, Mario Schiano.

❋❋❋❋½

Locandina

Caro diario è un grande film e come tutti i grandi film è un’opera di straordinaria semplicità, a partire dalla struttura tripartita ad episodi che ne maschera bene l’insospettata complessità e contemporaneamente ne suggerisce un’apparente ed ingannevole sconnessione narrativa. Nella prima parte del film, che è intitolata In vespa, siamo a Roma nel mese di agosto, dove il personaggio-protagonista girovaga appunto in vespa, cercando quartieri e luoghi inusuali. Va al cinema e vede, oltre a un film italiano sulle sconfitte presunte della sinistra e del ‘68, Henry – Pioggia di sangue (1986) di John McNaughton. Trovandolo brutto e troppo violento, decide di fare un terzo grado a un critico che ne ha tessuto le lodi con un linguaggio pseudo-colto e incomprensibile (piccola apparizione di Carlo Mazzacurati). Dopo aver osservato delle coppie ballare il merengue, incontra Jennifer Beals, la protagonista di Flashdance (1983) di Adrian Lyne, che lui aveva in precedenza elogiato. Infine visita il luogo dove venne assassinato Pier Paolo Pasolini. Nella seconda parte, Isole, la più disimpegnata e divertente, incontra un amico che non ama la televisione. Insieme girano le isole Eolie fino a quando la tranquillità e la solitudine non fanno esplodere l’amico, che si converte a Beautiful e a Chi l’ha visto? e fugge verso il continente.

domenica 3 luglio 2011

Il Caimano

di Nanni Moretti

Italia / Francia 2006, drammatico, 112'. Con Silvio Orlando, Margherita Buy, Jasmine Trinca, Nanni Moretti, Elio De Capitani, Dario Cantarelli, Antonio Catania, Cecilia Dazzi, Martina Iero, Luisa De Santis, Giacomo Passarelli, Daniele Rampello, Toni Bertorelli, Anna Bonaiuto, Valerio Mastandrea, Giuliano Montaldo, Tatti Sanguineti, Jerzy Stuhr, Michele Placido, Paolo Virzì, Paolo Sorrentino, Carlo Mazzacurati, Antonello Grimaldi, Stefano Rulli, Antonio Petrocelli, Paolo De Vita, Giancarlo Basili, Lorenzo Alessandri, Giovanna Nicolai, Matteo Garrone.

❋❋½

Locandina

Il Caimano è un film almeno tre volte inutile. È inutile perché è un film su Silvio Berlusconi e sulle sue origini politiche che si limita ad enunciare verità del tipo “i soldi di Berlusconi non sono piovuti dal cielo” oppure “Berlusconi entrò in politica per non andare in galera”: capirai che scottanti rivelazioni da cinema di denuncia impegnato (quello alla Elio Petri che non a caso viene evocato nel film). È inutile perché è un film su una crisi di coppia che non riesce mai a distaccarsi dalle solite banalità trite e ritrite sul tema (a partire dai problemi che per i figli possono derivare da una separazione), nonostante certe scene che si vorrebbero strazianti (il maglione di Margherita Buy distrutto dalla gelosia di Silvio Orlando). È inutile perché è l’ennesimo, noioso film sul cinema nel cinema per il quale non sarebbe il caso di scomodare Fellini e il suo , se non per maledirlo del suo nefasto effetto a livello di proseliti. Un produttore cinematografico di film di serie B, Bruno Bonomo, che negli anni Settanta si dedicava al cinema trash con la moglie, attraversa un momento difficile, sia professionalmente sia umanamente: la sua casa produttrice è sull’orlo del fallimento ed il suo matrimonio sta andando in pezzi. La sua unica ancora di salvezza sembra essere il copione di una giovane regista, Teresa, che decide di girare un film intitolato Il Caimano, film che vuole raccontare la storia di Silvio Berlusconi.

martedì 21 giugno 2011

Rabbit Hole

di John Cameron Mitchell

Rabbit Hole, USA 2010, drammatico, 91'. Con Nicole Kidman, Aaron Eckhart, Dianne Wiest, Miles Teller, Tammy Blanchard, Sandra Oh, Giancarlo Esposito, Jon Tenney, Stephen Mailer, Mike Doyle, Roberta Wallach, Patricia Kalember, Ali Marsh, Yetta Gottesman, Colin Mitchell, Deidre Goodwin, Julie Lauren.

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Locandina originale

Becca e Howie Corbett sono felicemente sposati: una delle tante coppie benestanti delle villette residenziali del Queens. Nelle loro vite non sembra mancare nulla, ma in realtà da otto mesi le loro esistenze sono come sospese, congelate nell’elaborazione di un grave lutto. Da quando il loro unico figlio di quattro anni è stato investito da una macchina, i due hanno sviluppato un meccanismo opposto di rimozione: Howie tende a non voler cancellare del tutto l’evento e a questo scopo fa rivivere ogni sera la presenza del figlio tramite i filmati del proprio telefonino; Becca cerca invece volontario isolamento, dedicandosi alla cura del giardino e della cucina, oltre che all’eliminazione sistematica di tracce e ricordi. In questo limbo che sembra impossibile da superare, Howie comincia a legare con una donna conosciuta durante una seduta di terapia di gruppo, mentre Becca decide di aprirsi con il giovane adolescente che era alla guida della macchina quel giorno fatale. Basandosi sull’omonima pièce teatrale grazie a cui David Lindsay-Abaire (che firma anche la sceneggiatura del film) ha vinto il Premio Pulitzer, il regista di Hedwig e Shortbus si allontana con Rabbit Hole dalle atmosfere trasgressive dei precedenti film per tentare di affrontare il tema del lutto familiare con delicatezza e approfondimento psicologico.

Il ragazzo con la bicicletta

di Jean-Pierre e Luc Dardenne

Le gamin au vélo, Belgio / Francia / Italia 2011, drammatico, 87'. Con Cécile De France, Thomas Doret, Jérémie Rénier, Jérémie Rénier, Fabrizio Rongione, Egon Di Mateo, Olivier Gourmet.

❋❋❋½

Locandina italiana

I fratelli Dardenne sono una delle poche certezze nel panorama cinematografico contemporaneo. Il loro è un cinema bressonianamente essenziale nella forma e profondamente neorealista nell’affrontare tematiche sociali con sensibilità individualista. Ai personaggi dei Dardenne non è mai concesso il lusso di fermarsi per riflettere. Calati in un mondo ostile che sembra non avere alcuna pietà nei loro confronti, sono costretti ad agire per fronteggiare l’insensibile durezza della vita, a muoversi con rapidità e sicurezza — senza esitazioni, senza nemmeno quasi prendere respiro — per cercare di sovvertire quello che sembrerebbe essere il loro destino. Il giovane protagonista di Il ragazzo con la bicicletta, bambino più che “ragazzo” come è diventato nella traduzione italiana del titolo (evidente riferimento al neorealismo di Vittorio De Sica), non fa eccezione. Cyril ha quasi dodici anni e una sola idea fissa: ritrovare il padre che lo ha abbandonato, lasciandolo temporaneamente in un centro di accoglienza per l’infanzia. Incontra per caso Samantha, una donna che ha un negozio di parrucchiera e che, qualche giorno dopo, gli riporta la sua bicicletta, che il padre aveva venduto per necessità di denaro. Cyril le chiede se desidera tenerlo con sé durante i fine settimana e Samantha accetta. Accecato dalla rabbia e dai sentimenti di abbandono, il bambino non è però in grado di rendersi conto dell’affetto che Samantha può offrirgli, nonostante ne abbia in realtà un disperato bisogno.

martedì 31 maggio 2011

La stanza del figlio

di Nanni Moretti

Italia / Francia 2001, drammatico, 99'. Con Nanni Moretti, Laura Morante, Jasmine Trinca, Giuseppe Sanfelice, Silvio Orlando, Stefano Accorsi, Claudia Della Seta, Sofia Vigliar, Renato Scarpa, Roberto Nobile, Paolo De Vita, Roberto De Francesco, Claudio Santamaria, Antonio Petrocelli, Lorenzo Alessandri, Alessandro Infusini, Silvia Bonucci, Marcello Bernacchini, Alessandro Ascoli, Stefano Abbati, Toni Bertorelli, Dario Cantarelli, Eleonora Danco, Emanuele Lo Nardo.

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Locandina

La stanza del figlio è — prima ancora di un film sul lutto e sulla sua elaborazione — un film sulla famiglia. La famiglia in questione è composta da Giovanni (uno psicanalista), dalla moglie Paola e dai due figli, Andrea ed Irene. La loro vita piena di armonia e tranquillità viene improvvisamente travolta nel momento in cui Andrea, durante una delle sue consuete immersioni da appassionato di subacquea, ha un incidente e, colto da embolia, muore. Si dice spesso che il cinema italiano d’oggi non sa parlare d’altro che di famiglie in crisi ed adolescenti, di quarantenni immaturi, di vacanze per minorati mentali. Lo dice Quentin Tarantino e, al di là di generalizzazioni più o meno contestabili, è difficile dargli torto. Lo dice Tarantino, che riguardo al regista di Bianca afferma: «Moretti fa le sue cose, è uno che porta energia vitale e respiro al cinema». Io non sono un fan di Tarantino né sono un fan particolarmente accanito di Moretti, specie dell’ultimissimo (Il Caimano e Habemus Papam). Ma La stanza del figlio, Palma d’oro a Cannes 2001, è a mio avviso un film bellissimo ed uno dei più riusciti del regista, nonostante sia da annoverarsi senza dubbio tra i meno “morettiani”: a differenza delle altre sue opere, questo film presenta infatti per la prima volta una solida struttura narrativa, tanto compiuta da potersi definire quasi infallibile (la bellissima sceneggiatura è firmata dal regista con Linda Ferri e Heidrun Schleef); inoltre, scompare il “personaggio” Moretti, nascostosi per anni ed anni sotto lo pseudonimo di Michele Apicella e messo in scena  finalmente in prima persona solo nei due film precedenti (Caro diario e Aprile).

mercoledì 25 maggio 2011

Aprile

di Nanni Moretti

Italia 1998, commedia, 78'. Con Nanni Moretti, Silvio Orlando, Silvia Nono, Pietro Moretti, Agata Apicella Moretti, Nuria Schoenberg, Silvia Bonucci, Quentin de Fouchecour, Renato De Maria, Claudio Francia, Jacopo Francia, Matilde Francia, Daniele Luchetti, Giovanna Nicolai, Nicola Piepoli, Corrado Stajano, Angelo Barbagallo, Marco Messeri, Andrea Molaioli.

❋❋❋½

Locandina

Aprile inizia con il discorso di Emilio Fede al Tg4 per annunciare la vittoria di Silvio Berlusconi alle elezioni politiche del 1994, e Moretti che dice: «La sera del 28 marzo del 1994, quando vinse la destra, per la prima volta in vita mia mi feci una canna». Dopo Caro diario, Moretti torna a  fondere vita politica e vita quotidiana. E lo fa, ancora una volta, con la forma episodica, molto libera, del diario. L’aprile del titolo è quello del 1996, un mese che porta due lieti eventi nella vita del regista: la nascita del figlio Pietro e, appena tre giorni dopo, la vittoria della sinistra (del centro-sinistra) alle elezioni politiche anticipate con la coalizione guidata da Prodi. Aprile è uno dei film più sereni e spensierati di Moretti. Solare, leggero, divertito, divertente. Qui il regista non vuole fare nessuna morale, né indagare in alcun modo la psicologia dei personaggi come in film quali Bianca o La stanza del figlio: vuole raccontarsi e raccontare il suo Paese, attraverso alcuni episodi come la manifestazione del 25 aprile sotto la pioggia contro il governo Berlusconi, le manifestazioni leghiste a Venezia e lo sbarco dei profughi albanesi in Puglia.

domenica 22 maggio 2011

La messa è finita

di Nanni Moretti

Italia 1985, drammatico, 94'. Con Nanni Moretti, Marco Messeri, Ferruccio De Ceresa, Enrica Maria Modugno, Dario Cantarelli, Giovanni Buttafava, Luisa De Santis, Pietro De Vico, Eugenio Masciari, Vincenzo Salemme, Roberto Vezzosi, Margarita Lozano, Luisanna Pandolfi, Manfredi Aliquo, Francesco Di Giacomo, Mauro Fabretti, Antonella Fattori, Inigo Lezzi, Luigi Moretti, Bianca Pesce, Carlina Torta, Mario Monaci Toschi, Mariella Valentini.

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Locandina

La messa è finita riprende e prosegue il discorso sulla ricerca della felicità e sulla coppia iniziato con Bianca. Don Giulio è un sacerdote che, dopo anni trascorsi in missione in un paesino lontano, fa ritorno a Roma, la sua città natale, dove gli viene assegnata una piccola parrocchia di periferia: deve sostituire un prete che ha rinunciato all’abito talare per metter su famiglia. Giulio è contento di poter riabbracciare i genitori e la sorella, e rivedere gli amici di un tempo. Tuttavia, ben presto si rende conto che ogni cosa è cambiata: il suo amico Saverio, deluso da una storia d’amore finita male, è divenuto paranoico ed è chiuso in casa; Cesare dichiara di voler avvicinarsi al cattolicesimo ma la sua sembra una decisione di convenienza e non dettata da vera fede; un altro amico, Andrea, ha un passato di terrorista ed è alle prese col processo; mentre Gianni vive la sua omosessualità non dichiarata. La situazione peggiore però è proprio all’interno della sua famiglia, dove il padre, ormai anziano, prende una cotta per una ragazza e lascia la moglie, che entra in una profonda depressione.

Bianca

di Nanni Moretti

Italia 1984, drammatico, 96'. Con Nanni Moretti, Laura Morante, Roberto Vezzosi, Remo Remotti, Claudio Bigagli, Enrica Maria Modugno, Vincenzo Salemme, Margherita Sestito, Dario Cantarelli, Virginie Alexandre, Matteo Fago, Giovanni Buttafava, Luigi Moretti, Giorgio Viterbo, Mario Monaci Toschi, Mauro Fabretti, Nicola Di Pinto, Gianfelice Imparato.

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Locandina

Bianca è la professoressa di francese interpretata da Laura Morante — alla sua seconda collaborazione col regista dopo Sogni d’oro — nel quarto film di Nanni Moretti. Quel nome femminile, che richiama alla mente un’immagine di candore e purezza assoluti, non è certo casuale. Il protagonista del film è Michele Apicella, alter ego del regista, qui professore di matematica che si stabilisce nella sua nuova casa romana facendo la conoscenza dei suoi vicini: una giovane coppia che è alle prese con i problemi di tutti  i giorni e un anziano signore amante delle donne e della bella vita. Michele vive da solo ed è pieno di fobie: igienista all’eccesso, perfezionista, osservatore quasi ossessivo della realtà e della gente che gli sta intorno, scrutatore della vita altrui che giudica persino dalle scarpe. Nelle ore libere Michele si dedica alla sua più grande passione, l’osservazione dei comportamenti dei propri amici, specialmente delle coppie: una sorta di ossessiva indagine di cui riporta i risultati su schede conservate in un archivio. Michele controlla la vita degli altri così come controlla il mondo intero, nel tentativo di riportarlo a quello che ritiene essere l’ordine corretto. Finché non incontra appunto Bianca...

mercoledì 11 maggio 2011

Il Signore del Male

di John Carpenter

John Carpenter’s Prince of Darkness, USA 1987, horror, 102'. Con Donald Pleasence, Jameson Parker, Victor Wong, Lisa Blount, Dennis Dun, Susan Blanchard, Anne Howard, Ann Yen, Ken Wright, Dirk Blocker, Jessie Lawrence Ferguson, Peter Jason, Robert Grasmere, Thom Bray, Joanna Merlin, Alice Cooper, Betty Ramey, Jessie Ferguson.

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Locandina originale

Il Signore del Male, ovvero quando John Carpenter era John Carpenter, e l’horror era (a sprazzi, e ancora per poco) l’horror. In questa ambiziosa pellicola del 1987 il regista mette in scena un vero e proprio horror religioso in cui si consuma l’infinito scontro tra Fede e Scienza. Siamo a Los Angeles dove, quando un vecchio prelato muore, un altro prete scopre, raccogliendone le confessioni in punto di morte, che egli costituiva in realtà l’ultimo adepto di una secolare setta cristiana — la Confraternita del Sonno — il cui compito era quello di custodire un gigantesco cilindro pieno di un liquido verdastro che si trova nei sotterranei di una chiesa. Il prete decide allora di rivolgersi al professor Howard Birack perché effettui delle indagini sul liquido. Questi si trasferisce pertanto nella chiesa con la sua équipe di giovani studenti (fisici, biologi e radiologi di ambo i sessi) per un week-end di studi ed esperimenti. A tener conto di quanto si legge in un antico libro trovato accanto al cilindro e parzialmente scritto in copto, tutto concerne il Maligno e la sua terribile forza, imprigionata all’interno di quel contenitore, collocato su di una specie di altare...

martedì 3 maggio 2011

Palombella rossa

di Nanni Moretti

Italia 1989, commedia, 89'. Con Nanni Moretti, Silvio Orlando, Mariella Valentini, Alfonso Santagata, Claudio Morganti, Asia Argento, Eugenio Masciari, Mario Patanè, Antonio Petrocelli, Remo Remotti, Fabio Traversa, Giovanni Buttafava, Gabriele Ceracchini, Luisanna Pandolfi, Imre Budavari, Mauro Maugeri, Marco Messeri, Daniele Luchetti, Carlo Mazzacurati, Raoul Ruiz.

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Locandina

Palombella rossa è un film riuscito nonostante tutti i suoi limiti. È un’opera autobiografica, con tutti i limiti delle opere autobiografiche, a partire dalla diffusa ma erronea convinzione per la quale le proprie ossessioni personali divengono automaticamente collettive nel momento in cui si fanno pellicola. È un film politico, con tutti i limiti di quei film che, scegliendo di parlare di politica (mezzi) anziché degli ideali (fini) che della politica dovrebbero costituire il vero e proprio cuore pulsante, si impegnano politicamente in modo forse fin troppo diretto. È addirittura un film sportivo, con la pallanuoto che può essere considerata di diritto la vera protagonista del film. Ecco, dall’accostamento di queste tre anime — autobiografica, politica e sportiva — nasce tuttavia un film così inconsueto da risultare a tratti quasi misterioso, e sicuramente unico e inimitabile. Michele Apicella è un funzionario del PCI che in seguito ad un incidente stradale si ritrova senza memoria. Il film si sviluppa intorno a una partita di pallanuoto (sport praticato sin da adolescente dal regista) in cui il protagonista cerca di ritrovare la memoria perduta attraverso un riaffiorare di ricordi confusi e ed una realtà che non riesce a comprendere o nella quale non si riconosce.

venerdì 29 aprile 2011

La Passione di Cristo

di Mel Gibson

The Passion of the Christ, USA 2004, religioso, 127'. Con Jim Caviezel, Monica Bellucci, Maia Morgenstern, Mattia Sbragia, Toni Bertorelli, Francesco De Vito, Luca Lionello, Hristo Naumov Shopov, Claudia Gerini, Rosalinda Celentano, Sergio Rubini, Hristo Jivkov, Fabio Sartor, Sabrina Impacciatore, Davide Marotta.

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Locandina italiana

Mel Gibson parte dall’orto del Getsemani, scegliendo di raccontare solo il finale della “più grande storia mai raccontata”. Tutti quegli avvenimenti che in genere, nella filmografia cristologica, vengono risolti in poco più di una ventina di minuti si dilatano in questo modo a dismisura  in due ore abbondanti di pellicola, mentre il compito di riassumere la Parola di Gesù Cristo grava tutto su qualche breve e superficiale flashback. Come dice il titolo, del resto, questa è La Passione di Cristo. Gibson riprende l’ambientazione nel Sud Italia de Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini (il film è stato girato per intero in Italia, con esterni a Matera e Craco ed interni a Cinecittà) ed affida la maggior parte dei ruoli secondari ad attori italiani: c’è la Bellucci che fa Maria Maddalena e come al solito non parla molto, anche se l’espressione sofferente le si confà; Rosalinda Celentano che interpreta un Satana di rara pochezza immaginativa; la Gerini che fa la moglie di Pilato, passando dal romanesco di Viaggi di nozze al latino lingua morta; l’Impacciatore che dà vita alla leggendaria Veronica, la donna che asciuga con un panno di lino il volto del Cristo durante la sua salita al Calvario; Sergio Rubini che fa Disma, il ladrone che viene crocifisso alla destra di Gesù.

giovedì 28 aprile 2011

Gainsbourg (Vie héroïque)

di Joann Sfar

Gainsbourg (Vie héroïque), Francia 2010, biografico, 130'. Con Eric Elmosnino, Lucy Gordon, Laetitia Casta, Doug Jones, Anna Mouglalis, Mylène Jampanoï, Sara Forestier, Kacey Mottet Klein, Razvan Vasilescu, Dinara Drukarova, Philippe Katerine, Deborah Grall, Yolande Moreau, Ophélia Kolb, Claude Chabrol.

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Locandina originale

Quando si pensa a Serge Gainsbourg, viene subito in mente la celeberrima canzone Je t’aime… moi non plus che il cantautore francese interpretò con la moglie Jane Birkin suscitando l’intervento della censura francese. Nel biopic che il fumettista Joann Sfar ha dedicato alla sua vita, partendo proprio da una sua opera a fumetti, viene raccontata anche — tra le altre cose — la nascita di quel brano: inizialmente scritto per Brigitte Bardot nel periodo in cui i due intrattenevano una relazione, non venne inizialmente pubblicata proprio su richiesta dell’attrice francese dal momento che costei era sposata con l’uomo d’affari tedesco Gunter Sachs. Poco dopo però Gainsbourg incontrò l’inglese Jane Birkin ed iniziò una nuova relazione con lei: Je t’aime… moi non plus venne quindi interpretata in una seconda versione da Jane Birkin e pubblicata come singolo, provocando il ben noto scandalo e rendendo di riflesso la coppia molto celebre. Nel film di Sfar, il ruolo dell’editore musicale cui i due presentano la canzone è affidato non a caso a un sempre simpatico Claude Chabrol, che con la sua aria bonacciona ha così tanto indagato, attraverso la sua filmografia, l’ipocrisia e il moralismo imperanti all’interno della buona borghesia.

mercoledì 27 aprile 2011

Habemus Papam

di Nanni Moretti

Italia / Francia 2011, commedia, 102'. Con Michel Piccoli, Nanni Moretti, Jerzy Stuhr, Renato Scarpa, Margherita Buy, Franco Graziosi, Leonardo Della Bianca,Camilla Ridolfi, Camillo Milli, Roberto Nobile, Gianluca Gobbi, Ulrich von Dobschütz, Dario Cantarelli, Manuela Mandracchia, Teco Celio, Roberto De Francesco, Chiara Causa, Massimo Dobrovic.

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Locandina

Nanni Moretti compone un elogio — insicuro e pieno di dubbi — del diritto all’insicurezza e al dubbio. Siamo a Roma, dove dopo la morte del pontefice si riunisce il conclave col compito di eleggere il nuovo Papa. Dopo alcune fumate nere e contro ogni aspettativa, viene eletto a sorpresa l’anziano cardinale francese Melville. Al momento della pubblica proclamazione, mentre il cardinale protodiacono è in procinto di annunciare — pronunciando la famosa formula latina — il nome del nuovo Papa alla folla dei fedeli riuniti in piazza San Pietro, il neo-eletto ha una violenta crisi di panico e fugge via nello sconcerto generale, interrompendo la cerimonia prima che sia pubblicamente proclamata la sua elezione. Il regista di Bianca e La stanza del figlio parte da questa affascinante immagine — l’uomo che dovrebbe essere guidato dalla mano di Dio e guidare i fedeli a sua volta, che sprofonda nell’insicurezza e nella depressione — per costruire, insieme a Francesco Piccolo e Federica Pontremoli (che firmano nuovamente la sceneggiatura con lui dopo il mediocre e sopravvalutato Il Caimano), un invito un po’ scontato ad un ritorno ad una Fede (e non solo) fatta di più dubbi e meno certezze.

sabato 23 aprile 2011

Breve incontro

di David Lean

Brief Encounter, Gran Bretagna 1945, mélo, 86', b/n. Con Celia Johnson, Trevor Howard, Stanley Holloway, Joyce Carey, Cyril Raymond, Everley Gregg, Marjorie Mars, Margaret Barton.

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Locandina italiana

In questo raffinatissimo e poi più volte imitato film che impose David Lean all’attenzione internazionale, si vedono spesso dei treni attraversare lo schermo. Treni che arrivano e poi subito ripartono, treni che sfrecciano via veloci nella notte, immersi nel biancore inconsistente del loro stesso vapore e dai cui finestrini fuoriesce una luce irreale, accecante, quasi spettrale. In Breve incontro ci sono due esseri che si incontrano e si amano, niente di più, niente di meno: tanto basta a fare cinema. La casalinga Laura ed il chirurgo Alec si conoscono per caso in una stazione ferroviaria e a poco a poco prendono ad incontrarsi, durante i loro trasferimenti quotidiani, decidendo di frequentarsi nonostante siano entrambi sposati. I loro incontri fugaci, al cinema, in un parco, al ristorante, in casa di un amico, sembrano però preda di un destino beffardo che tiene il loro amore appeso a un filo. Tratto dall’omonima commedia per il teatro di Noël Coward (che aveva collaborato con Lean già per ben tre film), Breve incontro è un film intimista e pudico: come gli amanti di un altro capolavoro del mélo, In the mood for love di Wong Kar-Wai, i due protagonisti non hanno certo bisogno di “consumare” la loro relazione extraconiugale per soffrire e sapere di essersi amati. È un film che parla di sentimenti su ogni piano.

domenica 17 aprile 2011

Scream 4

di Wes Craven

Scream 4, USA 2011, horror, 111'. Con David Arquette, Neve Campbell, Courteney Cox, Emma Roberts, Hayden Panettiere, Anthony Anderson, Alison Brie, Adam Brody, Rory Culkin, Marielle Jaffe, Marley Shelton, Mary McDonnell.

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Locandina originale

Lo slasher è uno dei sottogeneri più stupidi e inutili dell’horror, la cui nascita si fa coincidere in genere con il sopravvalutato Halloween (1978) di Carpenter, anche se in realtà il nostro Mario Bava aveva come sempre anticipato tutti con il visionario e intelligente Reazione a catena (1971). La saga interamente diretta da Wes Craven, ed avviatasi nell’ormai lontano 1996, emerge all’interno di questo filone per l’inconsueto mix tra horror/thriller ed autoironia, che include una vera e propria autocritica ed autoparodia; oltre che per un affascinante — proprio perché non serioso — discorso teorico sull’horror che mira a decostruire gli stereotipi del genere dimostrando al contempo allo spettatore che tali stereotipi funzionano ancora. Tutto ciò faceva del primo Scream un film intelligente e pieno di suspense, ma i sequel sono andati prevedibilmente — in accordo a quelle stesse regole che la saga prende in giro — calando sempre di più, di episodio in episodio. L’unica cosa che merita di questo quarto capitolo è l’incipit, con i film nel film nel film incassati l’uno nell’altro. Tutto il resto è già visto e riciclato dai capitoli precedenti (la sceneggiatura torna ad essere firmata da Kevin Williamson).

sabato 16 aprile 2011

The Ward – Il reparto

di John Carpenter

John Carpenter’s The Ward, USA 2010, horror, 88'. Con Amber Heard, Mamie Gummer, Danielle Panabaker, Laura-Leigh, Lyndsy Fonseca, Mika Boorem, Jared Harris, Sydney Sweeney, Sean Cook, Milos Milicevic, Jillian Kramer, Sali Sayler, D.R. Anderson, Susanna Burney, R.J. Hampton.

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Locandina italiana

John Carpenter ritorna al cinema dopo quasi dieci anni (l’ultimo, bellissimo Fantasmi da Marte era del 2001): nel frattempo, solo due episodi per la serie televisiva Masters of Horror, mediocri checché se ne dica. Ed anche questo The Ward è decisamente una delusione. Kristen, una bella e problematica ragazza, si ritrova rinchiusa nel reparto di un ospedale psichiatrico dopo aver bruciato una fattoria, coperta di lividi e tagli, senza nessuna memoria degli eventi precedenti il suo ricovero. Le altre pazienti non riescono a fornirle delle risposte, e Kristen si renderà conto ben presto che il reparto nasconde dei terrificanti segreti: nell’istituto si aggira una terrificante presenza, un fantasma che inizia a eliminare le altre pazienti. Dopo un incipit che fa ben sperare e dei titoli di testa più elaborati della media dei film di oggi, The Ward si accascia ben presto in atmosfere a metà tra Qualcuno volò sul nido del cuculo (il personaggio dell’infermiera di reparto ricalca in modo imbarazzante quello di Louise Fletcher nel film di Milos Forman) ed un horror giapponese fatto di presenze astratte eppure molto concrete. Ma senza una suspense degna di questo nome, senza appunto quella concretezza in grado di rendere verosimile l’inverosimile.